Ballata breve di un gatto da strada – Gildo De Stefano

BALLATA DI UN GATTO DA STRADA

 

Interessante esperimento narrativo, a metà strada fra romanzo storico e biografia, dove l’autore avvalendosi di fonti assolutamente controllate (le parole di Malcolm X molto spesso sono estrapolate dalla sua autobiografia o da discorsi pubblici) cerca di tracciare un’immagine quanto più possibile fedele alla realtà di un personaggio assolutamente fondamentale per la sua epoca e riesce nell’impresa di presentarlo al lettore nel modo più genuino possibile, con le sue aspirazioni, i timori, i pensieri reconditi, i tormenti interiori e nondimeno le sue passioni.
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Ma non potrebbe essere altrimenti perché il libro abbraccia tutto il percorso di Malcolm X a cominciare dai suoi anni giovanili, le rapine, il carcere, l’adesione alla religione musulmana, i contrasti con gli altri movimenti contro la segregazione razziale.
Da parte dell’autore non c’è, o almeno non mi pare esserci, un giudizio sull’uomo, e del resto non credo sia una questione di stabilire chi fosse dalla parte giusta e chi invece navigasse sul versante sbagliato.
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Erano anni memorabili, in cui realmente, per la prima e forse unica volta nella storia moderna, la volontà di poter cambiare il mondo e la sensazione di trovarsi ad un nulla dal riuscire a farlo furono vicine giungendo quasi a toccarsi.
E Malcolm X incarna perfettamente tale momento storico, non è importante ad esempio comprendere se le sue lotte o quelle di Martin Luther King fossero più giuste (in realtà i due personaggi nel libro s’incrociano da lontano un’unica volta) ma riuscire a guardare il mondo con gli occhi di quest’uomo e in tal senso l’esperimento è da considerarsi riuscito alla grande.
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Lettura assolutamente istruttiva e che una volta di più dimostra come in quegli anni davvero si mossero contemporaneamente personalità irripetibili, che ponevano gli ideali in cui credevano al primo posto, erano disposti a morire per questi e non è una frase fatta.
La consapevolezza di Malcolm X di non aver molto tempo a disposizione fu probabilmente la stessa di Martin Luther King o dei Kennedy.
Prevaleva la convinzione che ci fosse tanto da cambiare e che fosse doveroso utilizzare ogni stilla del poco tempo a disposizione per determinare questo cambiamento.
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Lettura consigliatissima anche, purtroppo, per renderci conto di quanto, confrontandoli con quelli odierni, personaggi come Malcolm X ineluttabilmente ci sembrino dei giganti.

Il potere del cane – Thomas Savage

IL POTERE DEL CANE

 

Sebbene io non sia un amante, né tantomeno un profondo conoscitore,  del romanzo americano, non ho proprio potuto fare a meno di apprezzare Savage e il suo Il potere del cane.
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Si tratta di un libro senza troppi orpelli, per molti versi scarno, dove i protagonisti pur essendo pochi mi sono invece sembrati tanti e questo per una caratterizzazione incisiva, potente, dove persino chi non c’è viene descritto in modo approfondito e assume un’importanza fondamentale.
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Gli americani, non parlo solo di letteratura ma anche di cinema per esempio, hanno questa grande capacità di affrontare argomenti delicati senza praticamente menzionarli. E Savage in questo romanzo ce ne dà un saggio, omosessualità, vessazioni psicologiche inflitte ad una donna (oggi parleremmo probabilmente di vere e proprie molestie), nonché tutta una serie di sviluppi che rendono Il potere del cane se non un affresco di un’epoca, qualcosa che gli si avvicina parecchio.
DIVISORIO
Siamo nel Montana degli anni venti, Phil e George governano un ranch dopo che i loro genitori hanno scelto una vita diversa lasciandoli soli.
L’esistenza dei due procede senza sussulti, ci si occupa degli animali, si combinano affari, ci si abbandona alla nostalgia per i tempi andati.
Insomma tutto apparentemente tranquillo fino alla classica comparsa della variabile impazzita sotto forma della vedova Rose e di suo figlio Peter.
Da li è un turbinio di eventi, ma anche di silenzi, alcune cose non possono essere confessate e forse neppure pensate.
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Savage è presumibile che certe dinamiche le avesse vissute sulla sua pelle, prima di divenire scrittore era stato mandriano ed era omosessuale, lo aveva confessato alla moglie prima di sposarla pensando che lei in qualche modo potesse “guarirlo”, il che la dice lunga su dove ci troviamo e cosa andremo a leggere.
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C’è in definitiva molto di autobiografico nel romanzo e la personalità dei protagonisti è fortemente legata non solo alla mentalità, ma anche ai paesaggi del Montana, cosi essenziali e, già alla vista, cosi poco comunicativi specie con chi li approccia per la prima volta.
DIVISORIO
E’ un romanzo estremamente conflittuale dove si comprende abbastanza presto come nessun opera sanificatrice sarà possibile, troppo forti i contrasti, e dall’inizio alla fine nessuna pagina ci regala la percezione che qualcosa di diverso dalla tragedia possa cambiare le carte in tavola, modificarne lo status quo.
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E al di sopra di ognuno dei protagonisti, per tutta la durata del romanzo, si erge questa figura potentissima di Bronco Henry, assente ma non per questo meno luminosa, una sorta di convitato di pietra che fa da spartiacque fra un mondo western tutto sommato epico e la decadenza, ma soprattutto fra la venerazione politicamente corretta per un personaggio carismatico e l’intensità di un sentimento inaccettabile per quell’epoca, per quel mondo, per quegli uomini.
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Consigliatissimo.
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Massy

La comune blu – Tonya Puleo

la comune blu

Titolo: La comune blu
Autrice: Tonya Puleo
Casa editrice: Navarra editore
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 22 ottobre 2021
Pagine: 96
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Libro che ho trovato molto originale, complesso pur nella sua brevità, e che mi ha trasmesso per tutta la sua durata qualcosa che sinceramente non saprei nemmeno definire, forse malinconia ma più probabilmente un senso di leggerezza capace di generare un sentimento non dissimile dalla malinconia pur senza esserlo.
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È la storie di cinque donne ambientata nella Palermo della prima decade del 2000, ma potremmo trovarci ovunque, e hanno tutte intorno a trent’anni.
C’era una bellissima canzone di Mimmo Locasciulli con questo titolo, ma il mio non è un suggerimento per la colonna sonora che nel libro è presente ed è più che appropriata.
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La musica è una costante in questo romanzo, scandisce dei momenti nella vita delle protagoniste, quasi un filo conduttore per le loro vite e di quelle del gruppo.  Ho apprezzato molto che fossero inseriti dei versi, credo capiti un po’ a tutti che ritornino in mente strofe o parole di una canzone per definire un’emozione, un sentimento, un passaggio, un amore.
Le cinque protagoniste si troveranno, forse senza un vero perché o magari perché l’istinto le porta in quella direzione, a percorrere un breve tratto di vita insieme in una comune che è però più uno stato mentale che fisico, tanto che lo svolgimento del romanzo si snoda in luoghi diversi.
Quest’esperienza come detto sarà breve, ognuna di loro tornerà a seguire il proprio percorso ma portandosi dietro qualcosa, uscendone arricchita e con una conoscenza migliore di sé.
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C’è un passaggio, soprattutto una frase, che personalmente ho trovato bellissima, sinceramente una delle più belle lette quest’anno ed è confortante che nasca dalla penna di una scrittrice emergente “Tutti, a volte, abbiamo bisogno di ascoltare in differita il mondo”.
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Il romanzo, come detto, si svolge intorno al 2005 o giù di li, le protagoniste come sottolineato dall’autrice sono ancora scevre da WhatsApp e quant’altro, siamo probabilmente negli ultimi anni in cui è possibile permettersi la lentezza e tutto ciò che gli gira attorno, resiste in noi (lotta insieme a noi sarebbe il caso di dire) un piccolo, e già angusto, spazio in cui trovano cittadinanza la riflessione, il ricordo, e fermarsi ad ascoltare in differita il mondo è un atto che in quegli anni ci è ancora consentito regalarci.
E a proposito di lievità c’è un personaggio nel romanzo che, sia pure nel contesto corale della storia, e comunque dal mio personalissimo punto di vista, è emerso e si tratta di Noponte e della sua piccola bottega d’arte.
Noponte vende oggetti strampalati e che fondamentalmente non servono a nessuno, miniature di strumenti musicali, vestitini per cellulari, aquiloni che non volano ( e cosa ci può essere di più inutile ma nel contempo poetico di un aquilone che non riesce a volare?).
Noponte è il personaggio che meglio di ogni altro incarna lo spirito della comune blu (nel bene e nel male potremmo aggiungere), chissà forse un piccolo motivo di più per leggerlo.
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Se siete alla ricerca, ogni appassionato lettore in fondo lo è, di un romanzo un po’ diverso dal solito, che provi a raccontare con una scrittura didascalica una generazione in modo lieve, La comune blu potrebbe rivelarsi una buona scelta.

Beati i poveri di spirito – Matteo Magnani

beati i poveri di spirito

 

Titolo: Beati i poveri di spirito
Autrice: Matteo Magnani
Casa editrice: PubMe (collana Io me lo leggo editore)
Genere: Romanzo storico
Data pubblicazione: 15 settembre 2020
Pagine: 174
Autoconclusivo: si

Ci troviamo nel Mantovano, il periodo storico è quello del regno Lombardo-Veneto, nello specifico siamo negli ultimi anni di vita di uno stato preteso (è lo stesso autore a spiegarlo dettagliatamente nel suo sito, io mi limito a sintetizzare) da Metternich come riparazione alle campagne napoleoniche in Italia.
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Abbiamo tre piccoli contadini che venuti in possesso di una borsa non trovano di meglio da fare che utilizzarla per burlarsi di un Commissario Distrettuale, quest’ultimo non la prende benissimo e grazie all’essersi trovato in compagnia di un suo sottoposto, decide di denunciare l’accaduto (nonostante lo scherzo sia estremamente innocente e non produca alcun effetto drammatico) temendo che questo possa comunque nuocergli.
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Uno dei tre contadinelli verrà assicurato alla giustizia ed in breve per una serie di apparentemente irripetibili concatenazioni di eventi quella che sembrava (ed era) una semplice goliardata si trasformerà in qualcosa di assai più serio (per sapere quanto più serio vi suggerisco di leggere il libro).
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Pur essendo la vicenda ambientata in un’epoca decisamente lontana da noi, e della quale presumo che molti come me abbiano solo qualche vaga reminescenza scolastica, vanno riconosciuti all’autore due indubbi meriti:
innanzitutto una conoscenza profonda della storia d’Italia del periodo, e poco importa se frutto di studio o, cosa eventualmente assai più affascinante, di racconti tramandati per generazioni.
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E poi una scrittura misurata, precisa, puntuale, mai sopra le righe, e sempre protesa ad agevolare la comprensione degli eventi da parte di chi legge, comprensione che non può mai essere scontata trattandosi peraltro di temi non di stretta attualità.
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Lettura più che consigliata a chi non sia privo del desiderio di regalarsi un incursione in un momento storico lontano, ma più vicino di quel che possiamo immaginare per ciò che concerne mentalità, comportamenti, debolezze umane e quant’altro.
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a cura di Massy

Jail Guard – Christie Lacetti

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Titolo: Jail Guard
Autrice: Christie Lacetti
Casa editrice: Maratta Edizioni
Genere: Noir
Data pubblicazione: 6 dicembre 2019
Pagine: 297
Autoconclusivo: no

Interessante esordio per una scrittrice italiana ma dal nome d’arte un po’ si evince la sua predilezione per il noir americano e quindi non sorprende la decisione di ambientare il libro oltreoceano.

Al centro dell’attenzione abbiamo un carcere minorile ( jail guard letteralmente significa guardia carceraria) dove si svolge buona parte della storia.
Il protagonista è Jonathan, un poliziotto onesto e di notevole spessore umano, un uomo che potremmo incontrare ogni giorno sulla nostra strada e che in modo forse semplicistico sarebbe possibile definire uno di noi.

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E i problemi di Jonathan sono quelli che chiunque potrebbe dover fronteggiare nella sua vita, dinamiche familiari complesse, rapporti con moglie e figli non sempre agevoli da gestire, necessità di cercare nuove fonti di entrate per garantirsi e garantire una vita più dignitosa.
L’occasione è un annuncio dove si ricercano guardie carcerarie per un istituto di pena minorile, Jonathan accetta il lavoro e questa scelta si rivelerà fondamentale nella sua vita, uno spartiacque dove dopo nulla sarà più lo stesso e per il poliziotto, pure avvezzo a situazioni difficili e con risvolti spesso drammatici, quest’esperienza finirà per diventare un viaggio nei territori più reconditi della crudeltà umana, uscirne vivi sarà difficile, restare se stessi impossibile.

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Pur trattandosi di un thriller o noir, ognuno poi leggendolo saprà cogliere le sfumature più adeguate, molto articolato e forse, data la presenza di molti personaggi importanti o che comunque si riveleranno tali nel corso della vicenda, di approccio non troppo immediato in alcune sue parti. Personalmente l’ho trovato interessante e in grado di destare la curiosità del lettore di genere ( chiaro che chi ama il romance potrebbe trovarsi spaesato).
Jonathan è un protagonista ottimamente definito e calibrato, adora in modo viscerale e preferenziale uno dei suoi due figli e questo potrebbe sembrare un limite ma in realtà gli dà forza rendendolo più umano e fallibile (non è scritto da nessuna parte che nella narrativa ci si debba appassionare solo per gli eroi senza macchia e senza paura).
Le paure di Jonathan sono continuamente presenti, anzi sembrano alimentare le pagine e ho trovato azzeccata questa gestione della narrazione.
In definitiva ribadirei buon esordio, raccomandabile agli amanti del noir crudo, a volte parecchio crudo, ricco di personaggi travagliati, molto americano aggiungerei, beh ecco se non siete esattamente insensibili a queste dinamiche di lettura magari dategli un’opportunità.

Massy

La dama verde – Karen Sander

la dama verde

 

 

Le persone scomparse da lungo tempo, il loro ritorno, il mistero attorno agli anni in cui sono state assenti, la rievocazione, sempre assai complessa, degli eventi accaduti in questi periodi, tutte tematiche di cui da sempre il thriller si è nutrito e ultimamente la tendenza mi sembra essersi persino rafforzata.
E Karen Sander, prolifica autrice tedesca, che non dimentichiamolo ha pubblicato in passato molti libri anche con un nome diverso, nel suo recentissimo La dama verde ha voluto approfondire questi argomenti inserendoli in una storia dove l’adrenalina davvero non manca così come i colpi di scena che si susseguono a ritmo incessante.
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Madelin, scomparsa misteriosamente da dieci anni, si ripresenta a casa, altrettanto misteriosamente tanto da lasciare a bocca aperta la stessa madre Susan.
Purtroppo la sorpresa, come la gioia, è di brevissima durata e nella stessa giornata la ragazza sparisce di nuovo e sulla scena del crimine restano il marito di Susan gravemente ferito e la loro piccola figlia Harper che per lo shock subito ha perso la parola.
Tutto appare inizialmente circoscritto a questa famiglia ma in realtà lo sviluppo della storia è assai più organico e presto entrano in scena altre figure importanti.
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Ad ogni modo siamo si e no nelle prime venti pagine, ce ne sarebbe già d’avanzo per riempire un libro,  ma la Sander sa perfettamente che gli insaziabili thrillerofili pretendono di più e li accontenta con un crescendo di avvenimenti e situazioni destinate probabilmente ad accontentare anche i palati maggiormente esigenti in fatto di colpi di scena.
Karen Sander abbandona, presumo momentaneamente, la premiata ditta Stadler-Montario (che comunque mi preme assolutamente segnalare a chi voglia approfondire la scrittrice tedesca) per dedicarsi ad un thriller forse più cerebrale, psicologico, ma non meno intrigante e certamente in grado di calamitare l’attenzione dei fedelissimi del genere.
Massy