I sogni perduti delle sorelle Bronte – Syrie James

I sogni perduti delle sorelle Bronte

Titolo: I sogni perduti delle sorelle Bronte
Autrice: Syrie James
Casa editrice: PIEMME
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 30 giugno 2009
Pagine: 542
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Il libro si apre con un’introduzione scritta della James in cui lei rivolgendosi al lettore gli chiede di provare ad immaginare come potessero essere i diari di Charlotte Bronte.
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Trattandosi di una biografia romanzata, il libro presenta interi capitoli dedicati alla sua infanzia e alla giovinezza della scrittrice in un gioco di flashbacks che creano uno stile narrativo simile a quello utilizzato per Jane Eyre.
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La James ha immaginato quali siano stati i sentimenti provati nei confronti di Arthur Bell Nicholls che fu curato del padre e che costituisce un punto oscuro nella vita della scrittrice. Ci si chiede infatti come mai Charlotte lo sposò dopo 8 anni dal suo arrivo a Haworth, arrivando persino a mettere in dubbio il matrimonio che invece fu celebrato come si può evincere dal certificato esposto in una bacheca della chiesa del villaggio.
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L’arrivo del reverendo Nicholls a Haworth è l’avvenimento con cui si apre la storia. Charlotte prova immediatamente antipatia e ostilità nei confronti dell’uomo a causa delle sue vedute ristrette nei confronti delle donne.  Insieme alle sorelle Charlotte porta avanti una lotta nei confronti della società che vede come unica soluzione per  le donne il matrimonio.  Loro aspirano a essere più indipendenti e per questo hanno accettato di fare le istitutrici, con la speranza di aprire in futuro una propria scuola. Invece fu la scrittura a dar loro un minimo di autonomia, sebbene abbiano dovuto adottare degli pseudonimi maschili.
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I flashbacks disseminati nel romanzo si riferiscono agli anni in che Charlotte trascorse presso la Clergy Daughter’s School, la Roe Head School (dove nacquero le amicizie che durarono tutta la vita) e il Pensionato Heger in Belgio, dove conobbe il prof. Heger che fu il suo primo amore e che le ispirò il protagonista maschile di Il professore e Villette.
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Abbiamo modo di conoscere oltre Charlotte anche Emily, piuttosto riservata e timida, Anne dolce e tranquilla e Branwell il fratello impulsivo e appassionato che creò molti problemi dovuti alla dipendenza dall’alcool.
Conosciamo anche l’ambiente letterario in cui visse, non solo per la presenza della Gaskell che divenne amica di Charlotte, ma soprattutto per Dickens e Thackeray che conobbe in un salotto londinese dove preferì rimanere in disparte ad ascoltare e osservare piuttosto che partecipare alle conversazioni.
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Sono stata coinvolta dalla descrizione dell’attimo in cui Charlotte trovò l’ispirazione per scrivere Jane Eyre, per me che amo incondizionatamente questo romanzo, è stato uno dei due momenti clou insieme alla proposta di matrimonio del reverendo Nicholls. Le parole riportate nella biografia non sono quelle reali, ma la James le ha ricreate sulla base di alcune lettere scritte dall’autrice all’amica Ellen.
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I fatti narrati nel romanzo accaddero realmente, la James ha utilizzato la fantasia solo quando strettamente necessario e posso affermare che questa biografia romanzata è stata capace di interessarmi ed emozionarmi esattamente come un romanzo, attirando la mia attenzione come accadrebbe a chiunque abbia amato Jane Eyre o Cime tempestose.
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Unica nota negativa, come spesso avviene con la traduzione, il titolo del romanzo che non è la traduzione dell’originale, I diari di Charlotte Bronte,  che risponde perfettamente al suo contenuto destando enorme curiosità.
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Valeria

La comune blu – Tonya Puleo

la comune blu

Titolo: La comune blu
Autrice: Tonya Puleo
Casa editrice: Navarra editore
Genere: Narrativa
Data pubblicazione: 22 ottobre 2021
Pagine: 96
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Libro che ho trovato molto originale, complesso pur nella sua brevità, e che mi ha trasmesso per tutta la sua durata qualcosa che sinceramente non saprei nemmeno definire, forse malinconia ma più probabilmente un senso di leggerezza capace di generare un sentimento non dissimile dalla malinconia pur senza esserlo.
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È la storie di cinque donne ambientata nella Palermo della prima decade del 2000, ma potremmo trovarci ovunque, e hanno tutte intorno a trent’anni.
C’era una bellissima canzone di Mimmo Locasciulli con questo titolo, ma il mio non è un suggerimento per la colonna sonora che nel libro è presente ed è più che appropriata.
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La musica è una costante in questo romanzo, scandisce dei momenti nella vita delle protagoniste, quasi un filo conduttore per le loro vite e di quelle del gruppo.  Ho apprezzato molto che fossero inseriti dei versi, credo capiti un po’ a tutti che ritornino in mente strofe o parole di una canzone per definire un’emozione, un sentimento, un passaggio, un amore.
Le cinque protagoniste si troveranno, forse senza un vero perché o magari perché l’istinto le porta in quella direzione, a percorrere un breve tratto di vita insieme in una comune che è però più uno stato mentale che fisico, tanto che lo svolgimento del romanzo si snoda in luoghi diversi.
Quest’esperienza come detto sarà breve, ognuna di loro tornerà a seguire il proprio percorso ma portandosi dietro qualcosa, uscendone arricchita e con una conoscenza migliore di sé.
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C’è un passaggio, soprattutto una frase, che personalmente ho trovato bellissima, sinceramente una delle più belle lette quest’anno ed è confortante che nasca dalla penna di una scrittrice emergente “Tutti, a volte, abbiamo bisogno di ascoltare in differita il mondo”.
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Il romanzo, come detto, si svolge intorno al 2005 o giù di li, le protagoniste come sottolineato dall’autrice sono ancora scevre da WhatsApp e quant’altro, siamo probabilmente negli ultimi anni in cui è possibile permettersi la lentezza e tutto ciò che gli gira attorno, resiste in noi (lotta insieme a noi sarebbe il caso di dire) un piccolo, e già angusto, spazio in cui trovano cittadinanza la riflessione, il ricordo, e fermarsi ad ascoltare in differita il mondo è un atto che in quegli anni ci è ancora consentito regalarci.
E a proposito di lievità c’è un personaggio nel romanzo che, sia pure nel contesto corale della storia, e comunque dal mio personalissimo punto di vista, è emerso e si tratta di Noponte e della sua piccola bottega d’arte.
Noponte vende oggetti strampalati e che fondamentalmente non servono a nessuno, miniature di strumenti musicali, vestitini per cellulari, aquiloni che non volano ( e cosa ci può essere di più inutile ma nel contempo poetico di un aquilone che non riesce a volare?).
Noponte è il personaggio che meglio di ogni altro incarna lo spirito della comune blu (nel bene e nel male potremmo aggiungere), chissà forse un piccolo motivo di più per leggerlo.
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Se siete alla ricerca, ogni appassionato lettore in fondo lo è, di un romanzo un po’ diverso dal solito, che provi a raccontare con una scrittura didascalica una generazione in modo lieve, La comune blu potrebbe rivelarsi una buona scelta.

I giorni bui della Milano violenta – Marcello Iori/Anthony Piemontese

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Tutti noi abbiamo nel cuore una città in particolare: magari ci ha stupiti per il suo splendore arti­stico o per la sua importanza storica; forse ci ha catturati per quello che offre a partire dai musei fino ai locali e alle vie dello shoppi­ng; oppure semplicem­ente la sua ospitali­tà ci ha talmente co­lpiti da farci senti­re come a casa. Ce ne siamo innamorati al punto di tornarci ogni volta che ci è possibile, collezion­andone ricordi che danno alla “nostra” città un valore ancor più grande.
Per qua­nto possiamo sentirci parte di essa, ci sono degli aspetti che non riusciremo mai però a comprendere, e che ci rendono pur sempre degli estranei nei suoi confronti.

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Esi­ste infatti un lato della città che ci rimane nascosto, quel­lo che emerge quando al calare della sera la criminalità ini­zia a muovere i suoi burattini, contando sulla complicità de­ll’indifferenza o de­ll’omertà altrui.
In una grande città come Milano, dove la malavita cerca co­ntinuamente di insin­uarsi in ogni contesto possibile, non è nemmeno così difficile reclutare dei seguaci, facendo leva sul desiderio dei giov­ani, e non solo, di guadagnarsi facilmen­te denaro, e ancor più sulla disperazione di chi fatica ad arrivare a fine mese.
Una splendida Milan­o, città delle oppor­tunità e dei sogni di molti giovani, che sembra però destina­ta a perdere così se stessa per le molte gang che la popolan­o, i poveri , i disp­erati.

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L’autore oltre a mostrarcela sotto le sue diverse luc­i, concentra la sua attenzione sul parti­colare legame instaurato nel tempo tra due ragazzi: Michael, che si ritrova a gestire le attività del defunto padre mal­avitoso, desideroso di ottenere sempre più potere nella sua città,

“Tutti tacciono, Michael ha vietato le lacrime, che devono aspettare, ha bisogno di riflettere, capire, che il primo a piangere i morti deve essere lui. Ma di capire e riflettere gli riesce difficile. […] Michael scuote la testa come se quel movimeto fosse capace di dire e lasciare uscire ciò che ha in mente. Picchia un pugno sul volante, poi rallenta perchè ha bisogno di fumare. Si ferma su un lato della strada. Trova la sigaretta, l’accende, fa un paio di tiri e dice: “faccio una strage”.

e Carmine, un ragazzo che vive con la madre Teresa e con la quale ha un rapporto burrascoso dovuto alla fatica di arrivare a fine mes­e, ma che non vuole rinunciare a realizz­are i propri sogni.

“Teresa si era alzata dal tavolo, un ges­to veloce, portando via il piatto sporco per riporlo nel lav­abo. Si era appoggi­ata con entrambe le mani alla cucina, la testa reclinata sul lato e gli occhi fi­ssi a guardare la pi­la verso cui rifluis­ce l’acqua. Aveva pr­ovato vergogna e umi­liazione. La schiena di mamma era come un libro su cui qualc­uno vi aveva scritto: sono stanca, cazzo, di tirare avanti senza ottenere niente in cambio. Niente. Cazzo. Niente di nie­nte. Solo rifiuti e sacrifici.”

La storia si fa semp­re più incalzante con l’arrivo in città di un misterioso per­sonaggio, Franz, des­ideroso di insinuarsi nella vita di Mich­ael, e soprattutto nei suoi affari. Franz studia le persone, sa cosa vogliono e sa come sfruttarle al meglio per ottenere quello che va cerc­ando, come appare dai suoi pensieri.

“Michael rappresenta la gioventù che non ne ha mai abbastanz­a. Facile colpirla, facile ammaliarla. E lui è una preda per­fetta. Se gli fai se­ntire il profumo dei soldi, gli corre di­etro come l’asino con la carota. È uno squalo affamato che mangerebbe pure la pl­astica che finisce nei mari senza accorg­ersi che non è pesce­.”

Oltre ai misteri e alle vicende sentimentali che spingono il lettore a volerne sapere sempre di piu, ciò che ha tenuto fortemente vivo il mio interesse è proprio la par­ticolare amicizia tra Carmine e Michael, inusuale date le enor­mi differenze tra i due.
Le perso­nalità, le vite di entrambi vengono scav­ate talmente nel profondo da permetterti di entrare a pieno nella storia come se li conoscessi veramente, dandoti la possibil­ità di guardare più da vicino il lato os­curo della città, che seppur non potrai mai comprendere davvero, riesce a farti sentire un po’ meno estranea ad es­sa.

Jess

Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo – Paul Dubois

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Da tempo nutro la convinzione che la narrativa francese non sbagli un colpo, magari esagero e comunque non possiedo neppure le giuste conoscenze in campo letterario che possano giustificare un’affermazione così netta.
Mettiamola così, la mia è più una sensazione legata al fatto di non ricordare un romanzo francese brutto, almeno non negli ultimi anni, ma insomma è un’opinione e null’altro.

Veniamo al libro di Dubois, naturalmente mi è piaciuto anche se ci sono degli aspetti che non mi hanno convinto per intero e parto proprio con quelli:
il romanzo si divide in due piani di lettura, il primo è relativo alla permanenza in carcere del protagonista Paul Hansen e racconta la sua convivenza col compagno di cella Patrick Horton mentre il secondo, che confesso di aver amato molto, è un po’ una storia di formazione dello stesso Paul.
Ecco proprio il raccordo fra questi due piani mi è sembrato un pelino approssimativo, spesso nello stesso capitolo ci si ritrova a passare dall’uno all’altro senza rendersene conto, nemmeno uno spazio a separarli, si e no una scarna punteggiatura.
E la parte relativa al carcere non di rado mi è parso un po’ ristagnare, quasi aggrovigliarsi su se stessa, a differenza delle pagine sulla vita di Paul che personalmente avrei persino ampliato.

DIVISORIO

Devo dire che tra i vari personaggi ho apprezzato tantissimo i genitori di Paul, questa storia d’amore così anni sessanta fra due persone più che diverse opposte, lui un religioso apparentemente rigoroso e lei proprietaria di un cinema d’essai che alla Bibbia anteponeva la distribuzione di Gola profonda.
E Paul in mezzo a loro, diviso fra la fragilità paterna e il pragmatismo materno…”Il tempo passa e, quando ripenso a tutto questo, arrivo a dirmi che mia madre sarebbe stata un padre formidabile”……”All’opposto della madre di Patrick Horton, la mia non mi avrebbe mai infilato una Bibbia nella borsa prima che entrassi in carcere.
Credo anzi che sulla soglia di casa mi avrebbe detto qualcosa d’incoraggiante e di profondamente caustico come: “Le persone che lavorano si annoiano quando non lavorano.Le persone che non lavorano non si annoiano mai”.
Difficile restare insensibili davanti a passaggi così potenti.

DIVISORIO
Il personaggio di Anna, la madre, è probabilmente persino più importante di quello che l’autore sembra voler mostrare, e d’altronde lo dimostra la scelta del nome perché in ogni romanzo di Dubois troviamo sempre un Paul ed una Anna, un segno, credo, inequivocabile.

Che aggiungere, parlerei per ore di questo romanzo, inevitabilmente approfondirò Dubois a cui sono, forse sarebbe più corretto dire siamo, debitore di uno dei titoli più belli degli ultimi anni, Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo, quasi un aforisma per sottolineare quanto possa essere immensa la distanza che ci separa dagli altri.

DIVISORIO
E cosa meglio di un carcere può simboleggiare questa diversità?
Paul e Patrick sono opposti almeno quanto i genitori di Paul, Patrick è lì perché deve pagare il suo debito con la giustizia mentre in Paul non c’è probabilmente nulla da redimere.
Il carcere per Paul sembra quasi un mezzo per vivere più serenamente con i propri fantasmi, non a caso mentre il desiderio principale di Patrick è uscire di prigione Paul non ha questo assillo, il passato osservato fra le mura carcerarie ha dei dettagli più nitidi.
E d’altro canto Dubois non chiarisce se non alla fine i motivi che hanno condotto Paul alla detenzione, a quel punto si comprenderanno molte cose, o forse no ma non è importante, nessun dolore è uguale ad un altro, nessuna vita lo è, nessun fallimento, ma tutto questo a pensarci bene è chiaro già nel titolo.

Massy

 

 

Le magnifiche invenzioni – Mara Fortuna

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“Tornò alla marina a osservare gli uccelli in aria, quando atterravano, quando ammaravano, quando spiccavano il volo. Si accorse che i venti cambiavano direzione con regolarità nel corso della giornata. Chiese ai pescatori, ai barcaiuoli, alle lavannare che stendevano i panni alla marina di Santa Lucia. Tutti ridevano tra i denti di quello strano ragazzo con gli occhi scavati dal sonno che chiedeva del vento come fosse questione di vita o di morte. E si, dicevano, il vento gira nel golf, come un orologio, dicevano alcuni, come un girasole, dicevano altri”

Il 19° secolo è stato il periodo del cambiamento, da una società rurale si passo’ a quella industriale che cambiò completamente la vita dell’umanità. L’avvento delle industrie e le nuove scoperte nel campo della scienza, della medicina affinarono l’ingegno di menti eccellenti che sfruttarono queste conoscenze per creare, appunto, magnifiche invenzioni.

Siamo a Napoli nel 1880 e in uno scenario fatto di miseria troviamo i fratelli Gaetano e Tunino. Il primo è una promessa del balletto, è chiamato O ciucciariello dai compagni per via dei suoi trascorsi come sguattero del teatro. Tunino lavora come fabbro e sbriga anche le faccende casalinghe.

Una sera dopo una rappresentazione teatrale incontrano Etienne Jules Marey, uno scienziato francese che ha creato un fucile fotografico che vuole perfezionare riprendendo i salti di Gaetano durante le danza. Entrambi i fratelli rimarranno molto colpiti da questo oggetto, Tunino in particolare verrà preso dalla febbre per le invenzioni.

                                                    

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Il rapporto con Marey si consolida e i due fratelli iniziano a frequentare la casa con assiduità, specialmente Tunino che alla passione per le invenzioni unirà quella per Apollonia, che presta servizio nella villa di Marey a Posillipo e che prende subito in simpatia il ragazzo.
Altri personaggi si muovono intorno ai protagonisti come Rachelina, madre dei ragazzi, una donna disillusa e che la miseria ha incattivito rendendola avara di affetto e soldi, Philippe amico di Tunino, e insegnante di piano di Francesca figlia di Marey, anarchico. Apollonia una ragazza semplice, ma dal buon cuore, probabilmente il personaggio più bello del romanzo.

Un ruolo lo hanno anche Napoli e Parigi, la prima raccontata nel duplice aspetto di città divisa tra zone degradate in cui vige la miseria e la sopraffazione come nel Cavone, rapportato a Posillipo dove il mare e le ville che si affacciano su di esso sono appannaggio dei signori. Parigi invece è vista come la città del fermento culturale e scientifico grazie all’Esposizione Universale del 1889, dove la Tour Eiffel si mostrava in tutto il suo fulgore e le menti più brillanti si dettero appuntamento per scoprire le nuove invenzioni che avrebbero portato al progresso scientifico e tecnologico del secolo che stava per arrivare.

Ognuno dei personaggi principali ha un obiettivo da raggiungere: Gaetano sogna di diventare un ballerino famoso e un coreografo, Tunino vuole diventare un inventore e soprattutto creare uno strumento che gli permetta di volare, Etienne vuole creare invenzioni rivoluzionarie che gli permettano di farsi apprezzare dagli altri scienziati come lo zootropo, antesignano degli apparecchi cinematografici.

La storia fa da sfondo come le celebrazioni per il centenario della Rivoluzione francese o i riferimenti ai movimenti anarchici che caratterizzarono la fine de secolo.
L’omosessualità, altro tema del romanzo, vista all’epoca come una devianza, un’inclinazione da debosciati per cui indulgere in certe pratiche poteva significare l’ostracismo dalla società, soprattutto per chi apparteneva a classi sociali abbienti. Si nascondeva per paura di perdere la dignità se si fosse scoperta questa inclinazione. Ipocrisia e finto perbenismo erano molto comuni.

Scritto con un linguaggio semplice, ma non ordinario, e che l’uso del dialetto rende più incisivo, con dei personaggi indimenticabili, Le magnifiche invenzioni è uno splendido esordio e uno dei libri più belli dell’anno.

Valeria