I giorni bui della Milano violenta – Marcello Iori/Anthony Piemontese

i giorni bui della milano violenta

 

Tutti noi abbiamo nel cuore una città in particolare: magari ci ha stupiti per il suo splendore arti­stico o per la sua importanza storica; forse ci ha catturati per quello che offre a partire dai musei fino ai locali e alle vie dello shoppi­ng; oppure semplicem­ente la sua ospitali­tà ci ha talmente co­lpiti da farci senti­re come a casa. Ce ne siamo innamorati al punto di tornarci ogni volta che ci è possibile, collezion­andone ricordi che danno alla “nostra” città un valore ancor più grande.
Per qua­nto possiamo sentirci parte di essa, ci sono degli aspetti che non riusciremo mai però a comprendere, e che ci rendono pur sempre degli estranei nei suoi confronti.

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Esi­ste infatti un lato della città che ci rimane nascosto, quel­lo che emerge quando al calare della sera la criminalità ini­zia a muovere i suoi burattini, contando sulla complicità de­ll’indifferenza o de­ll’omertà altrui.
In una grande città come Milano, dove la malavita cerca co­ntinuamente di insin­uarsi in ogni contesto possibile, non è nemmeno così difficile reclutare dei seguaci, facendo leva sul desiderio dei giov­ani, e non solo, di guadagnarsi facilmen­te denaro, e ancor più sulla disperazione di chi fatica ad arrivare a fine mese.
Una splendida Milan­o, città delle oppor­tunità e dei sogni di molti giovani, che sembra però destina­ta a perdere così se stessa per le molte gang che la popolan­o, i poveri , i disp­erati.

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L’autore oltre a mostrarcela sotto le sue diverse luc­i, concentra la sua attenzione sul parti­colare legame instaurato nel tempo tra due ragazzi: Michael, che si ritrova a gestire le attività del defunto padre mal­avitoso, desideroso di ottenere sempre più potere nella sua città,

“Tutti tacciono, Michael ha vietato le lacrime, che devono aspettare, ha bisogno di riflettere, capire, che il primo a piangere i morti deve essere lui. Ma di capire e riflettere gli riesce difficile. […] Michael scuote la testa come se quel movimeto fosse capace di dire e lasciare uscire ciò che ha in mente. Picchia un pugno sul volante, poi rallenta perchè ha bisogno di fumare. Si ferma su un lato della strada. Trova la sigaretta, l’accende, fa un paio di tiri e dice: “faccio una strage”.

e Carmine, un ragazzo che vive con la madre Teresa e con la quale ha un rapporto burrascoso dovuto alla fatica di arrivare a fine mes­e, ma che non vuole rinunciare a realizz­are i propri sogni.

“Teresa si era alzata dal tavolo, un ges­to veloce, portando via il piatto sporco per riporlo nel lav­abo. Si era appoggi­ata con entrambe le mani alla cucina, la testa reclinata sul lato e gli occhi fi­ssi a guardare la pi­la verso cui rifluis­ce l’acqua. Aveva pr­ovato vergogna e umi­liazione. La schiena di mamma era come un libro su cui qualc­uno vi aveva scritto: sono stanca, cazzo, di tirare avanti senza ottenere niente in cambio. Niente. Cazzo. Niente di nie­nte. Solo rifiuti e sacrifici.”

La storia si fa semp­re più incalzante con l’arrivo in città di un misterioso per­sonaggio, Franz, des­ideroso di insinuarsi nella vita di Mich­ael, e soprattutto nei suoi affari. Franz studia le persone, sa cosa vogliono e sa come sfruttarle al meglio per ottenere quello che va cerc­ando, come appare dai suoi pensieri.

“Michael rappresenta la gioventù che non ne ha mai abbastanz­a. Facile colpirla, facile ammaliarla. E lui è una preda per­fetta. Se gli fai se­ntire il profumo dei soldi, gli corre di­etro come l’asino con la carota. È uno squalo affamato che mangerebbe pure la pl­astica che finisce nei mari senza accorg­ersi che non è pesce­.”

Oltre ai misteri e alle vicende sentimentali che spingono il lettore a volerne sapere sempre di piu, ciò che ha tenuto fortemente vivo il mio interesse è proprio la par­ticolare amicizia tra Carmine e Michael, inusuale date le enor­mi differenze tra i due.
Le perso­nalità, le vite di entrambi vengono scav­ate talmente nel profondo da permetterti di entrare a pieno nella storia come se li conoscessi veramente, dandoti la possibil­ità di guardare più da vicino il lato os­curo della città, che seppur non potrai mai comprendere davvero, riesce a farti sentire un po’ meno estranea ad es­sa.

Jess

Jail Guard – Christie Lacetti

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Titolo: Jail Guard
Autrice: Christie Lacetti
Casa editrice: Maratta Edizioni
Genere: Noir
Data pubblicazione: 6 dicembre 2019
Pagine: 297
Autoconclusivo: no

Interessante esordio per una scrittrice italiana ma dal nome d’arte un po’ si evince la sua predilezione per il noir americano e quindi non sorprende la decisione di ambientare il libro oltreoceano.

Al centro dell’attenzione abbiamo un carcere minorile ( jail guard letteralmente significa guardia carceraria) dove si svolge buona parte della storia.
Il protagonista è Jonathan, un poliziotto onesto e di notevole spessore umano, un uomo che potremmo incontrare ogni giorno sulla nostra strada e che in modo forse semplicistico sarebbe possibile definire uno di noi.

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E i problemi di Jonathan sono quelli che chiunque potrebbe dover fronteggiare nella sua vita, dinamiche familiari complesse, rapporti con moglie e figli non sempre agevoli da gestire, necessità di cercare nuove fonti di entrate per garantirsi e garantire una vita più dignitosa.
L’occasione è un annuncio dove si ricercano guardie carcerarie per un istituto di pena minorile, Jonathan accetta il lavoro e questa scelta si rivelerà fondamentale nella sua vita, uno spartiacque dove dopo nulla sarà più lo stesso e per il poliziotto, pure avvezzo a situazioni difficili e con risvolti spesso drammatici, quest’esperienza finirà per diventare un viaggio nei territori più reconditi della crudeltà umana, uscirne vivi sarà difficile, restare se stessi impossibile.

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Pur trattandosi di un thriller o noir, ognuno poi leggendolo saprà cogliere le sfumature più adeguate, molto articolato e forse, data la presenza di molti personaggi importanti o che comunque si riveleranno tali nel corso della vicenda, di approccio non troppo immediato in alcune sue parti. Personalmente l’ho trovato interessante e in grado di destare la curiosità del lettore di genere ( chiaro che chi ama il romance potrebbe trovarsi spaesato).
Jonathan è un protagonista ottimamente definito e calibrato, adora in modo viscerale e preferenziale uno dei suoi due figli e questo potrebbe sembrare un limite ma in realtà gli dà forza rendendolo più umano e fallibile (non è scritto da nessuna parte che nella narrativa ci si debba appassionare solo per gli eroi senza macchia e senza paura).
Le paure di Jonathan sono continuamente presenti, anzi sembrano alimentare le pagine e ho trovato azzeccata questa gestione della narrazione.
In definitiva ribadirei buon esordio, raccomandabile agli amanti del noir crudo, a volte parecchio crudo, ricco di personaggi travagliati, molto americano aggiungerei, beh ecco se non siete esattamente insensibili a queste dinamiche di lettura magari dategli un’opportunità.

Massy