Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo – Paul Dubois

dubois

Da tempo nutro la convinzione che la narrativa francese non sbagli un colpo, magari esagero e comunque non possiedo neppure le giuste conoscenze in campo letterario che possano giustificare un’affermazione così netta.
Mettiamola così, la mia è più una sensazione legata al fatto di non ricordare un romanzo francese brutto, almeno non negli ultimi anni, ma insomma è un’opinione e null’altro.

Veniamo al libro di Dubois, naturalmente mi è piaciuto anche se ci sono degli aspetti che non mi hanno convinto per intero e parto proprio con quelli:
il romanzo si divide in due piani di lettura, il primo è relativo alla permanenza in carcere del protagonista Paul Hansen e racconta la sua convivenza col compagno di cella Patrick Horton mentre il secondo, che confesso di aver amato molto, è un po’ una storia di formazione dello stesso Paul.
Ecco proprio il raccordo fra questi due piani mi è sembrato un pelino approssimativo, spesso nello stesso capitolo ci si ritrova a passare dall’uno all’altro senza rendersene conto, nemmeno uno spazio a separarli, si e no una scarna punteggiatura.
E la parte relativa al carcere non di rado mi è parso un po’ ristagnare, quasi aggrovigliarsi su se stessa, a differenza delle pagine sulla vita di Paul che personalmente avrei persino ampliato.

DIVISORIO

Devo dire che tra i vari personaggi ho apprezzato tantissimo i genitori di Paul, questa storia d’amore così anni sessanta fra due persone più che diverse opposte, lui un religioso apparentemente rigoroso e lei proprietaria di un cinema d’essai che alla Bibbia anteponeva la distribuzione di Gola profonda.
E Paul in mezzo a loro, diviso fra la fragilità paterna e il pragmatismo materno…”Il tempo passa e, quando ripenso a tutto questo, arrivo a dirmi che mia madre sarebbe stata un padre formidabile”……”All’opposto della madre di Patrick Horton, la mia non mi avrebbe mai infilato una Bibbia nella borsa prima che entrassi in carcere.
Credo anzi che sulla soglia di casa mi avrebbe detto qualcosa d’incoraggiante e di profondamente caustico come: “Le persone che lavorano si annoiano quando non lavorano.Le persone che non lavorano non si annoiano mai”.
Difficile restare insensibili davanti a passaggi così potenti.

DIVISORIO
Il personaggio di Anna, la madre, è probabilmente persino più importante di quello che l’autore sembra voler mostrare, e d’altronde lo dimostra la scelta del nome perché in ogni romanzo di Dubois troviamo sempre un Paul ed una Anna, un segno, credo, inequivocabile.

Che aggiungere, parlerei per ore di questo romanzo, inevitabilmente approfondirò Dubois a cui sono, forse sarebbe più corretto dire siamo, debitore di uno dei titoli più belli degli ultimi anni, Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo, quasi un aforisma per sottolineare quanto possa essere immensa la distanza che ci separa dagli altri.

DIVISORIO
E cosa meglio di un carcere può simboleggiare questa diversità?
Paul e Patrick sono opposti almeno quanto i genitori di Paul, Patrick è lì perché deve pagare il suo debito con la giustizia mentre in Paul non c’è probabilmente nulla da redimere.
Il carcere per Paul sembra quasi un mezzo per vivere più serenamente con i propri fantasmi, non a caso mentre il desiderio principale di Patrick è uscire di prigione Paul non ha questo assillo, il passato osservato fra le mura carcerarie ha dei dettagli più nitidi.
E d’altro canto Dubois non chiarisce se non alla fine i motivi che hanno condotto Paul alla detenzione, a quel punto si comprenderanno molte cose, o forse no ma non è importante, nessun dolore è uguale ad un altro, nessuna vita lo è, nessun fallimento, ma tutto questo a pensarci bene è chiaro già nel titolo.

Massy

 

 

Chi siamo

 

Jess

Sono sempre stata una ragazza di poche parole: non so quanto questo possa dipendere dal mio essere particolarmente timida o quanto ciò sia dovuto alla mia propensione ad abbandonarmi completamente all’ascolto del mio interlocutore, ma parlare non è mai stato il mio forte.

E credo che sia proprio questo mio modo di essere ad avermi spinta, fin da bambina, a coltivare quelle passioni che nel corso degli anni si sono rivelate essere delle vere e proprie ancore di salvezza. Non esagero quando dico che la musica è la mia vita: amo ascoltarla (ma esiste davvero qualcuno al mondo che possa starne senza?) e lasciare che mi faccia compagnia anche quando vorrei chiuderle la porta in faccia, amo potermi immergere in essa suonando il mio flauto traverso, e amo ancor di più cercare di trasmettere tutto questo amore ai miei allievi.

Prima passione e poi lavoro, la musica, con i suoi alti e bassi, è parte integrante di me; avere un’impostazione classica non mi ha mai impedito però di aprirmi ad altri generi, anzi. Dal rock al pop, dal country al blues, dallo swing al gospel e via dicendo ricorro ogni qualvolta il mio stato d’animo li reclami forse più che alla musica classica.

Se la musica è la mia vita, la lettura è invece la mia più grande amica. Con lei amo passare il mio tempo, grazie a lei posso ritrovarmi in vite e luoghi impensabili, da lei mi rifugio quando sento il bisogno di calore, di sostegno e di conforto. Ha saputo risollevarmi nei momenti più bui, e mi ha dato anche modo di conoscere persone deliziose con cui condividere la sua compagnia. Amo leggere un po’ di tutto (anche se l’horror e la fantascienza rimangono generi che ho letto raramente e dai quali mi tengo volentieri alla larga), in particolare libri che scavano nelle profondità dell’essere umano, spogliandolo delle corazze o delle etichette che si ritrova cucito addosso. Prediligo la letteratura statunitense e quella giapponese (essendo una grande appassionata di tutto ciò che riguardi questi due Paesi), le saghe familiari, i thriller psicologici, i romanzi storici, i classici (che trovo esser, seppur datati, sempre molto attuali).

Descrivendo le mie passioni non posso dimenticare di accennare l’amore sconfinato che nutro per gli animali – ho la fortuna di avere in famiglia una splendida boxerina e due dolci gattine – per la natura, per l’arte in ogni sua forma (amo anche dipingere, ma seppur non mi riesca molto bene, il farlo sa donarmi talmente molta serenità che non saprei mai rinunciarvi) così come adoro seguire alcune discipline sportive (pallavolo, pattinaggio artistico, baseball, football americano).

Per molto tempo ho inseguito alcune passioni che non mi appartenevano (non fatemele dire, sarebbe davvero imbarazzante, fidatevi), e in quella rincorsa tanto disperata quanto insensata ho veramente realizzato quanto non occorra cercare qualcosa a cui appassionarsi: tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già dentro di noi e necessita, semplicemente, di essere ascoltato.

Jess

 

Chi siamo

foto massimiliano

 

Amante dei libri, della buona musica (ce ne fosse ancora in giro), dei vecchi film (ma non chiudo nemmeno ai nuovi, non ermeticamente almeno), mi piace definirmi un lettore inaffidabile e raccomando sempre di leggere i miei commenti con circospezione e seguire i miei, eventuali, suggerimenti di lettura con la cautela del caso.
Amo i thriller, i romanzi di formazione, e non disdegno quelli storici, ma la cosa di cui forse vado maggiormente fiero è quella di leggere, più o meno da sempre, almeno un brutto libro ogni due mesi perché tutti siamo in grado di arrivare in fondo alla lettura di un capolavoro, ma è portare a termine una ciofeca doc che rafforza e per certi versi arricchisce.
Massy

Le magnifiche invenzioni – Mara Fortuna

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“Tornò alla marina a osservare gli uccelli in aria, quando atterravano, quando ammaravano, quando spiccavano il volo. Si accorse che i venti cambiavano direzione con regolarità nel corso della giornata. Chiese ai pescatori, ai barcaiuoli, alle lavannare che stendevano i panni alla marina di Santa Lucia. Tutti ridevano tra i denti di quello strano ragazzo con gli occhi scavati dal sonno che chiedeva del vento come fosse questione di vita o di morte. E si, dicevano, il vento gira nel golf, come un orologio, dicevano alcuni, come un girasole, dicevano altri”

Il 19° secolo è stato il periodo del cambiamento, da una società rurale si passo’ a quella industriale che cambiò completamente la vita dell’umanità. L’avvento delle industrie e le nuove scoperte nel campo della scienza, della medicina affinarono l’ingegno di menti eccellenti che sfruttarono queste conoscenze per creare, appunto, magnifiche invenzioni.

Siamo a Napoli nel 1880 e in uno scenario fatto di miseria troviamo i fratelli Gaetano e Tunino. Il primo è una promessa del balletto, è chiamato O ciucciariello dai compagni per via dei suoi trascorsi come sguattero del teatro. Tunino lavora come fabbro e sbriga anche le faccende casalinghe.

Una sera dopo una rappresentazione teatrale incontrano Etienne Jules Marey, uno scienziato francese che ha creato un fucile fotografico che vuole perfezionare riprendendo i salti di Gaetano durante le danza. Entrambi i fratelli rimarranno molto colpiti da questo oggetto, Tunino in particolare verrà preso dalla febbre per le invenzioni.

                                                    

Étienne-Jules-Marey-1830-1904-217x300                                             Etienne Jules Marey

Il rapporto con Marey si consolida e i due fratelli iniziano a frequentare la casa con assiduità, specialmente Tunino che alla passione per le invenzioni unirà quella per Apollonia, che presta servizio nella villa di Marey a Posillipo e che prende subito in simpatia il ragazzo.
Altri personaggi si muovono intorno ai protagonisti come Rachelina, madre dei ragazzi, una donna disillusa e che la miseria ha incattivito rendendola avara di affetto e soldi, Philippe amico di Tunino, e insegnante di piano di Francesca figlia di Marey, anarchico. Apollonia una ragazza semplice, ma dal buon cuore, probabilmente il personaggio più bello del romanzo.

Un ruolo lo hanno anche Napoli e Parigi, la prima raccontata nel duplice aspetto di città divisa tra zone degradate in cui vige la miseria e la sopraffazione come nel Cavone, rapportato a Posillipo dove il mare e le ville che si affacciano su di esso sono appannaggio dei signori. Parigi invece è vista come la città del fermento culturale e scientifico grazie all’Esposizione Universale del 1889, dove la Tour Eiffel si mostrava in tutto il suo fulgore e le menti più brillanti si dettero appuntamento per scoprire le nuove invenzioni che avrebbero portato al progresso scientifico e tecnologico del secolo che stava per arrivare.

Ognuno dei personaggi principali ha un obiettivo da raggiungere: Gaetano sogna di diventare un ballerino famoso e un coreografo, Tunino vuole diventare un inventore e soprattutto creare uno strumento che gli permetta di volare, Etienne vuole creare invenzioni rivoluzionarie che gli permettano di farsi apprezzare dagli altri scienziati come lo zootropo, antesignano degli apparecchi cinematografici.

La storia fa da sfondo come le celebrazioni per il centenario della Rivoluzione francese o i riferimenti ai movimenti anarchici che caratterizzarono la fine de secolo.
L’omosessualità, altro tema del romanzo, vista all’epoca come una devianza, un’inclinazione da debosciati per cui indulgere in certe pratiche poteva significare l’ostracismo dalla società, soprattutto per chi apparteneva a classi sociali abbienti. Si nascondeva per paura di perdere la dignità se si fosse scoperta questa inclinazione. Ipocrisia e finto perbenismo erano molto comuni.

Scritto con un linguaggio semplice, ma non ordinario, e che l’uso del dialetto rende più incisivo, con dei personaggi indimenticabili, Le magnifiche invenzioni è uno splendido esordio e uno dei libri più belli dell’anno.

Valeria

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Ti auguro un buon 2021 ricco di salute e serenità.

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Sono Valeria e questo diario virtuale è rivolto a coloro che amano i libri e la cultura in generale.

Scrivo sulle letture che mi hanno emozionato, i libri da sempre condividono le mie giornate.

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Ti aspetto.

 

Chi siamo

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Sicuramente chi arriva su questo blog si chiede chi scrive e pubblica articoli, per naturale riservatezza caratteriale non ho mai scritto nulla su di me, ma credo che sia arrivato il momento di mettermi in gioco e farmi conoscere.

Sono Valeria, una lettrice di vecchia data,  ho letto molto e spero di poter fare altrettanto negli anni a venire.  Caratterialmente sono piuttosto riservata, timida per alcuni versi, poco estroversa, ma al tempo stesso disponibile, curiosa e sempre aperta alla conoscenza e alla cultura.

Pur non essendo di carattere estroverso, sono sempre rivolta verso gli altri e se mi si tende una mano difficilmente non la accetto. Sono sempre pronta alla collaborazione, accetto consigli e opinioni e per quanto riguarda la lettura mi piace scoprire nuovi autori e nuove opere di narrativa, poesia, saggistica.

In tutti questi anni in cui ho letto tanti classici, narrativa di genere e non contemporanea, ho iniziato a comprendere cosa mi piace maggiormente e preferisco approfondire. Ho scoperto di avere una passione infinita per la storia (iniziata quando andavo a scuola) e da qui il mio amore per i romanzi storici. Il periodo che prediligo piuttosto lunghetto inizia l’anno 1000 per finire al 1600 e riguarda tutta l’Europa. Sono incuriosita anche dalla storia degli altri continenti, sebbene non sia facile trovare romanzi ambientati in quei luoghi. Non disdegno anche la narrativa riguardante periodi storici diversi da quello su menzionato.

Un’altra passione riguarda gli States e la narrativa ad essi collegata, ho letto molti romanzi, ho delle predilezioni letterarie, ma sono sempre alla ricerca di nuovi autori da conoscere. Degli Usa amo anche la musica, sono un’appassionata di country rock che ascolto da più di 30 anni.

Non posso dimenticare in questa carrellata sui miei gusti il mio amore immenso per l’arte iniziato quando ero sui banchi scolastici e impreziosito dalle visite a monumenti, chiese, mostre dove ho modo di illuminare i miei occhi con le bellezze che l’uomo ha saputo produrre nel corso dei secoli. I miei artisti prediletti sono Claude Monet e Raffaello.

Da inguaribile romantica quale sono non posso non apprezzare anche la poesia che è capace di emozionarmi con i versi, è sempre stata il giusto nutrimento per la mia anima. Anche in questo caso ho un poeta del cuore Juan Ramon Jimenez, che sento vicino a me per affinità e modo di “sentire” la vita e i sentimenti.

Su questo blog io scriverò delle mie passioni, di qui il nome scelto, sperando che possiate conoscermi ancora meglio. Qualcuno mi ha scritto di recente che basta leggere ciò che si scrive e come è scritto per capire chi è l’interlocutore, qual è la sua interiorità. Spero quindi che quello che leggerete vi servirà per conoscermi meglio.

Io sono qui e vi aspetto.

Valeria

La donna dal kimono bianco – Ana Johns

la donna dal kimono bianco

Nel Giappone del 1957 due giovani, Naoko Nakamura e Hajime, si innamorano fin dal primo sguardo. Naoko ha 17 anni, viene da una famiglia benestante, Hajme è un marinaio americano. La ragazza sa bene che l’unione tra le ragazze giapponesi e gli americani non è vista di buon occhio, ma non può contrastare il destino che li ha fatti incontrare.

Intraprende una relazione clandestina e cerca di insegnargli tutte le regole sul modo di vivere giapponese proprio per far si che la sua famiglia possa accettarlo. Riesce ad ottenere il permesso per invitarlo alla cerimonia del tè, ma la situazione precipita quando il padre, la nonna e il fratello si accorgono che il ragazzo è un gaijin, uno straniero.

Il matrimonio non è neanche preso in considerazione, perchè porterebbe discredito a Naoko e alla famiglia intera, gettando l’impresa di famiglia in difficoltà, in cattive acque. Il padre proibisce a Naoko di rivedere il giovane, a meno che non voglia lasciare la famiglia per sempre. Naoko non vuole rinunciare al sogno di una vita accanto all’uomo che ama, anche perchè è incinta.

La madre che è dalla sua parte e vuole la sua felicità, la incoraggia a prendere la decisione giusta, pur andando contro al marito, nel giorno più importante della vita della figlia.

Contemporaneamente alle vicende giapponesi, la scrittrice ci presenta Tori e suo padre che vivono in America. L’uomo è in fin di vita per un cancro e prima di andarsene vuol far comprendere alla figlia che le storie sul Giappone che le ha raccontato non sono fantasie. Tori all’inizio non vuole conoscere quella realtà, ma dopo la morte del padre, sentirà la necessità di scoprire cosa si cela dietro una lettera scritta da lui a una certa Cricket.

Tori inizia a scavare e a mettere insieme i pezzi del puzzle, ma comprende subito che per conoscere la verità dovrà recarsi in quei luoghi. Solo una volta arrivata li, scoprirà ciò che il padre ha nascosto dietro le sue storie della buonanotte.

Non sono mai stata un’amante del Giappone e delle storie in esso ambientate, così come non amo particolarmente la letteratura nipponica. Ho deciso di leggere questo romanzo perchè attratta dalla copertina e grazie a un’iniziativa su Instagram. Come sempre quando meno te l’aspetti trovi un gioiello capace di emozionarti.

Sono molti i motivi che hanno contribuito allo sviluppo emotivo durante la lettura. In primis Naoko, i suoi pensieri, il suo modo di vivere l’amore, la sua dolcezza unita al suo essere capace di far emergere il lato determinato e volitivo del carattere l’hanno resa vera e reale. L’ho sentita vicina al mio modo di sentire l’amore.

Durante la lettura un posto di rilievo lo assumono le perle di saggezza disseminate lungo il percorso e su cui mi sono spesso soffermata a riflettere. Mi hanno colpita anche la leggerezza, la delicatezza e la sensibilità nell’esprimere pensieri, nei gesti e nei comportamenti dei giapponesi.

Viene dato valore alla famiglia e alle tradizioni nel caso di Naoko, ma anche Tori mi ha colpita nel voler ricercare le radici familiari nella scoperta della vita precedente a quella americana del padre. E’ stato sconvolgente leggere l’ostracismo a cui furono soggetti mogli e figli di americani a causa di questi legami e a come spesso molte ragazze rimaste incinte in seguito a queste relazioni, furono costrette a risoluzioni che avrebbero preferito evitare.

Lo stile dell’autrice, scorrevole e coinvolgente al tempo stesso, è riuscito a farmi appassionare a tal punto che non vedevo l’ora di proseguire la lettura delle vicende di Naoko.

E’ un romanzo dal contenuto ricco, ci si emoziona, ci si commuove, ci si indigna, ci si riflette su, ma soprattutto si ama con tutto il cuore perchè Naoko e Tori vanno dove le porta il loro cuore e si sa che (perdonatemi la ripetizione) il cuore ha ragioni che la ragione non conosce.

Parola di libertino – M. P. Black

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Cedric Wilson, ricco e bello, ha un debole per le donne e non ha intenzione di legarsi a nessuna per tutta la sua esistenza. Dopo aver trascorso la notte in una casa d’appuntamenti una mattina giunge in ritardo nell’agenzia funebre del padre e ha modo di incontrare per la prima volta Alice Brooks e il suocero che sono li per organizzare il funerale di George marito della donna. Questa indossa una veletta nera che nasconde il suo volto. Cedric attratto dal mistero, inizia a fantasticare sulle fattezze della donna, ritenendo che sia una donna risoluta, capace di esprimere le sue opinioni e di staccarsi dalle regole e i clichè a cui solitamente le donne erano costrette ad attenersi. In contrasto con le vedute del suocero e dopo una breve discussione Alice decide di andar via imbattendosi in Cedric, risoluto a non lasciarsi sfuggire l’occasione di poter vedere il suo viso. Tra i due avviene una scaramuccia verbale dai toni accesi, con un avvicinamento pericoloso del giovane nei confronti della donna. Trascorsi alcuni mesi il padre di Cedric decide di organizzare un ballo affinchè il figlio possa finalmente trovare moglie e acquietare le sue ansie. Cedric risoluto a non voler accettare l’imposizione del padre si rifiuta con tutte le sue forze, ma il padre non accetta rimostranze. Se non si sposerà, sarà costretto a diseredarlo.

ottocento

Messo di fronte a questa condizione il giovane deciderà di sposare non una delle giovani invitate per questo scopo, ma la vedova nera, Alice Brooks per l’appunto.  Durante la serata i due hanno un colloquio chiarificatore in cui inizieranno a conoscersi, scopriremo che lei indossa la veletta per nascondersi dalle dicerie della gente che la indica quale responsabile della morte del marito, mentre lui le confessa che vuole sposarsi per assolvere all’imposizione paterna, ma a modo suo. Cerca un matrimonio di facciata che gli permetta di continuare a fare la sua vita cercando di usare discrezione.

Alice troverà quella sicurezza che le permetterà di abbandonare la veletta. La donna, infatti, è sospettata di aver ucciso il marito con il veleno, ma non ricorda quanto accadde per un malore. L’ispettore di Scotland Yard è convinto della sua colpevolezza, ma non ha le prove per incriminarla.

matrimonio ottocento

Durante la luna di miele i due giovani hanno modo di conoscersi meglio, iniziano a piacersi e tra di loro si crea sintonia, però il passato ritorna per Alice nella figura di un uomo che terrorizza la donna, in seguito ad avvenimenti legati al suo precedente matrimonio. In seguito a questo incontro, Cedric vedendo quanto lei sia scossa decide di ripartire l’indomani per Londra.

Mi fermo qui per non sciupare la lettura di chi vorrà leggere questo bel romanzo.

Mi è piaciuta l’ambientazione di questo romance storico, ci troviamo infatti nel periodo vittoriano e ce ne accorgiamo da alcuni particolari di usi del tempo e da precisi riferimenti a episodi storici.

Era in voga allora la foto dei congiunti insieme al morto come ricordo della persona scomparsa o il ricorso all’ipnosi, strumento da poco in uso, per risolvere problemi psicologici.

Durante la narrazione ci sono precisi riferimenti ai delitti compiuti da Jack lo Squartatore di cui Scotland Yard non venne a capo di nulla.

La lettura è estremamente scorrevole, uno stile chiaro e capace di creare dei personaggi reali che non sembrano usciti dalle righe di un romanzo. La storia possiede ritmo e mordente necessari per tenere avvinta a sè il lettore. Indubbiamente una marcia in più è data dalla presenza del giallo all’interno della storia sentimentale, creando suspence e interessse in chi legge.

Sebbene da un piccolo particolare abbia compreso quasi subito chi fosse il colpevole, ciò non ha inficiato la lettura che è stata piacevolissima. Mi sono immersa completamente nella storia e mi sono fatta trasportare dall’immaginazione mentre leggevo. Questo  credo che sia l’obiettivo di una storia che si rispetti: trasportarti con la mente in luoghi lontani.

Vivamente consigliato agli amanti del genere e a tutti coloro che amano i romanzi di ambientazione storica.

L’età dell’innocenza – Edith Wharton

l'età dell'innocenza

Sinossi 

L’età dell’innocenza è un mirabile affresco della borghesia newyorchese di fine Ottocento, contro il cui ottuso moralismo Edith Wharton si scaglia coraggiosamente difendendo l’autenticità di un amore sincero. La storia sentimentale tra Newland Archer, brillante avvocato dell’aristocrazia cittadina, e la contessa Ellen Olenska, cui inflessibili convenzioni impediscono di divorziare dal marito, è lo specchio di una società che l’autrice conosce e contesta profondamente. Una società ipocrita e perbenista, in cui pregiudizi atavici, tradizionalismi ormai svuotati di significato, princìpi ingiusti e falsamente morali impongono precise regole comportamentali, che cozzano contro il desiderio di affermazione del singolo. Contro tutto questo lotta con ammirevole tenacia la protagonista del romanzo, che tenta di difendere fino alla fine il suo amore e la sua libertà di scelta, cui si oppone la consapevolezza, che porterà Archer alla rinuncia finale, dei suoi doveri sociali.

DIVISORIO

Le convenzioni sociali, argomento sempre attualissimo, i comportamenti giusti da assumere e quelli sbagliati, quali atteggiamenti vanno tenuti in pubblico e quali invece è preferibile limitare al privato.
Oggi, in modo molto semplicistico, tendiamo a ridurre il tutto ad un paio di paroline abusate “politically correct” ma un tempo era diverso, davanti ad argomenti del genere si potevano scrivere libri e che libri!
L’età dell’innocenza compie un secolo proprio in questo devastante 2020, ma come si suol dire cento anni e non sentirli, Scorsese nel 1993 ne trasse un film bello quanto discusso, non pochi vi colsero una sorta di gattopardesco “omaggio” ai fasti della società americana di fine ottocento più che una trasposizione fedele di un romanzo i cui intenti celebrativi di un’epoca sembravano soltanto la punta di un iceberg… In realtà, o almeno a parer mio, Scorsese realizzò una delle sue opere più sontuose cogliendo peraltro in pieno le istanze di uno dei finali più belli che la letteratura di genere potesse minimamente concepire (chi ha letto il libro e non avesse visto il film guardi soltanto il finale, facilmente accessibile, che personalmente reputo cinematograficamente indimenticabile) .

Detto ciò veniamo più in concreto al romanzo, purtroppo faccio sempre molta fatica ad utilizzare il termine capolavoro, ma in questo caso se di capolavoro non si tratta penso che ci avviciniamo molto.
Una cosa colpisce sopra ogni altra ed è il non detto, una sorta di sottobosco di pensieri che non diventano mai parole, o meglio il dialogare attraverso i silenzi:

“Voi non vi chiedevate mai niente, no? E non vi dicevate mai niente. Stavate semplicemente seduti a guardarvi e facevate supposizioni su cosa vi passasse per la testa.

Ma nell’Età dell’innocenza il “non” ha un’importanza fondamentale, il non detto, il non chiesto, il non amore, il non incontro (quest’ultimo è la summa dell’opera).
In pochi altri romanzi possiamo respirare così nitidamente la fine di un’epoca, la sensazione di decadenza è palpabile, eppure proprio tutto ciò che è destinato a sparire ci appare come qualcosa d’insormontabile, qualcosa contro cui persino l’amore in grado di sfidare il tempo non può che soccombere:

“Tu, tu, tu», gridò Ellen, con le labbra che le tremavano come quelle di un bimbo sul punto di piangere.”

Per quanto mi sforzi fatico a pensare ad un passaggio dal lei al tu così struggente, chi non ha letto il libro assapori ogni virgolettato di questo capitolo.
Ma sarà ineluttabilmente il non amore a trionfare, le convenzioni avranno la meglio concedendo al massimo ai due protagonisti una sorta di ravvicinato distacco:

” Ellen aveva deciso di stargli vicino, purché lui non le chiedesse di avvicinarsi di più; e dipendeva da lui farcela restare, al sicuro ma a distanza.”

Da leggere senza se e senza ma, provando magari a sovrapporre le convenzioni sociali di ieri con quelle di oggi perché le epoche si chiudono ma alcune frasi non perdono una stilla del loro valore:

“La differenza è che questi giovani sono sicuri di ottenere tutto quello che desiderano e che noi quasi sempre eravamo sicuri del contrario. Solo mi chiedo … se si è così sicuri in anticipo di avere una cosa, è possibile mai che per questo il cuore batta con tanta violenza?”

Siamo davvero certi che trasferendo queste parole del romanzo ai più vicini anni 60 o negli 80 oppure, perché no, ai giorni nostri non assumerebbero il medesimo significato?