I giorni bui della Milano violenta – Marcello Iori/Anthony Piemontese

i giorni bui della milano violenta

 

Tutti noi abbiamo nel cuore una città in particolare: magari ci ha stupiti per il suo splendore arti­stico o per la sua importanza storica; forse ci ha catturati per quello che offre a partire dai musei fino ai locali e alle vie dello shoppi­ng; oppure semplicem­ente la sua ospitali­tà ci ha talmente co­lpiti da farci senti­re come a casa. Ce ne siamo innamorati al punto di tornarci ogni volta che ci è possibile, collezion­andone ricordi che danno alla “nostra” città un valore ancor più grande.
Per qua­nto possiamo sentirci parte di essa, ci sono degli aspetti che non riusciremo mai però a comprendere, e che ci rendono pur sempre degli estranei nei suoi confronti.

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Esi­ste infatti un lato della città che ci rimane nascosto, quel­lo che emerge quando al calare della sera la criminalità ini­zia a muovere i suoi burattini, contando sulla complicità de­ll’indifferenza o de­ll’omertà altrui.
In una grande città come Milano, dove la malavita cerca co­ntinuamente di insin­uarsi in ogni contesto possibile, non è nemmeno così difficile reclutare dei seguaci, facendo leva sul desiderio dei giov­ani, e non solo, di guadagnarsi facilmen­te denaro, e ancor più sulla disperazione di chi fatica ad arrivare a fine mese.
Una splendida Milan­o, città delle oppor­tunità e dei sogni di molti giovani, che sembra però destina­ta a perdere così se stessa per le molte gang che la popolan­o, i poveri , i disp­erati.

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L’autore oltre a mostrarcela sotto le sue diverse luc­i, concentra la sua attenzione sul parti­colare legame instaurato nel tempo tra due ragazzi: Michael, che si ritrova a gestire le attività del defunto padre mal­avitoso, desideroso di ottenere sempre più potere nella sua città,

“Tutti tacciono, Michael ha vietato le lacrime, che devono aspettare, ha bisogno di riflettere, capire, che il primo a piangere i morti deve essere lui. Ma di capire e riflettere gli riesce difficile. […] Michael scuote la testa come se quel movimeto fosse capace di dire e lasciare uscire ciò che ha in mente. Picchia un pugno sul volante, poi rallenta perchè ha bisogno di fumare. Si ferma su un lato della strada. Trova la sigaretta, l’accende, fa un paio di tiri e dice: “faccio una strage”.

e Carmine, un ragazzo che vive con la madre Teresa e con la quale ha un rapporto burrascoso dovuto alla fatica di arrivare a fine mes­e, ma che non vuole rinunciare a realizz­are i propri sogni.

“Teresa si era alzata dal tavolo, un ges­to veloce, portando via il piatto sporco per riporlo nel lav­abo. Si era appoggi­ata con entrambe le mani alla cucina, la testa reclinata sul lato e gli occhi fi­ssi a guardare la pi­la verso cui rifluis­ce l’acqua. Aveva pr­ovato vergogna e umi­liazione. La schiena di mamma era come un libro su cui qualc­uno vi aveva scritto: sono stanca, cazzo, di tirare avanti senza ottenere niente in cambio. Niente. Cazzo. Niente di nie­nte. Solo rifiuti e sacrifici.”

La storia si fa semp­re più incalzante con l’arrivo in città di un misterioso per­sonaggio, Franz, des­ideroso di insinuarsi nella vita di Mich­ael, e soprattutto nei suoi affari. Franz studia le persone, sa cosa vogliono e sa come sfruttarle al meglio per ottenere quello che va cerc­ando, come appare dai suoi pensieri.

“Michael rappresenta la gioventù che non ne ha mai abbastanz­a. Facile colpirla, facile ammaliarla. E lui è una preda per­fetta. Se gli fai se­ntire il profumo dei soldi, gli corre di­etro come l’asino con la carota. È uno squalo affamato che mangerebbe pure la pl­astica che finisce nei mari senza accorg­ersi che non è pesce­.”

Oltre ai misteri e alle vicende sentimentali che spingono il lettore a volerne sapere sempre di piu, ciò che ha tenuto fortemente vivo il mio interesse è proprio la par­ticolare amicizia tra Carmine e Michael, inusuale date le enor­mi differenze tra i due.
Le perso­nalità, le vite di entrambi vengono scav­ate talmente nel profondo da permetterti di entrare a pieno nella storia come se li conoscessi veramente, dandoti la possibil­ità di guardare più da vicino il lato os­curo della città, che seppur non potrai mai comprendere davvero, riesce a farti sentire un po’ meno estranea ad es­sa.

Jess

Morte al filatoio -Ottavia Niccoli

morte al filatoio

 

Siamo nel novembre del 1592, don Tomasso che dirige l’ospizio di san Biagio a Bologna, assiste a una denuncia fatta da Violante nei confronti di un cartello, scritto da ignoti,  in cui è accusata di aver ucciso il marito. Il notaio Marini, amico di don Tomasso, chiede a questi di informarsi su quanto accaduto chiedendo notizie in proposito a don Lucio che ha eseguito il funerale e che forse è stato l’amante della vedova.

Intanto all’ospizio due ragazzini rifugiatisi li, Ettore e Gianandrea, raccontano di aver visto il cadavere di una ragazza che lavorava presso il filatoio Righi, nel canale sottostante a questo. Poco tempo dopo il cadavere della ragazza trascinato dal torrente verrà ritrovato nel canale sotto l’ospizio. Don Tomasso viene incaricato dal notaio di approfondire anche questa faccenda.

In seguito all’autopsia eseguita sul cadavere del marito di Violante don Tomasso  scopre che questi è stato assassinato con il veleno per topi che don Lucio tiene in un orcio, mentre la ragazza che lavorava al filatoio era oggetto di attenzioni concupiscenti da parte del Righi e di un garzone.

Grazie alle chiacchiere delle donne e alla capacità di Gianandrea di favorire le confidenze, don Tomasso riuscirà piano piano a ricomporre i pezzi del puzzle e ad assicurare i colpevoli alla giustizia.

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 Ho letto in anteprima questo romanzo grazie alla cortesia di Vallecchi Firenze e ciò che mi ha colpito sin dalle prime pagine, è il perfetto equilibrio tra la parte storica e quella di fantasia. La Niccoli è una storica specializzata nel Rinascimento e nella Riforma e queste sue conoscenze sono evidenti nell’insieme di usi, costumi e tradizioni riportate nel romanzo, come per fare un paio di esempi, nel modo in cui è redatta la trascrizione dell’autopsia, ossia rispettando le regole in cui venivano scritti i documenti all’epoca (c’era tutto un iter di regole da seguire) o il riferimento a un tipo di scrittura utilizzata per redigere un atto.

Il meccanismo del giallo è ben oliato, tutte le domande che il lettore si pone durante la narrazione ricevono una risposta,  niente è lasciato in sospeso. La narrazione è scorrevole e mi è molto piaciuto il linguaggio utilizzato, verosimile a quello dell’epoca, ma ovviamente reso in modo tale da essere comprensibile per chi legge.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati e perfettamente calati nel contesto storico narrato. Don Tomasso è una figura interessante,  per volere familiare è diventato prete accondiscendendo a questa decisione, ha un carattere sanguigno, irascibile, e dei segreti che lo tormentano profondamente. Nonostante ciò ha preso seriamente il suo ruolo e cerca di svolgerlo al meglio. A cotanta serietà, per dare brio e leggerezza, l’autrice gli  ha affiancato Gianandrea, un monello di strada dalla lingua lunga che vive di piccoli furti e che con le sue chiacchiere contribuirà non poco alla risoluzione dei due omicidi.

Tra gli altri i personaggi di don Lucio, un prete che è l’esatto opposto di don Tomasso, lussurioso, intrigante e interessato più ai beni materiali che a quelli spirituali o Antonia la bottonaia, un esempio di donna moderna, che vive del proprio lavoro, non ha un marito accanto ed è fiera di se stessa e di ciò che ha.

In una recente intervista fatta all’autrice da Hans Tuzzi le è stato chiesto se avremo il piacere di ritrovare don Tomasso, l’autrice ha risposto con un semplice vedremo, io da umile lettrice spero proprio di si. Sarei felice di ritrovare lui e Gianandrea in un’altra avventura investigativa.

Valeria

 

La congiura delle passioni – Pietro De Sarlo

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Titolo: La congiura delle passioni
Autrice: Pietro De Sarlo
Casa editrice: Altrimedia
Genere: Romanzo storico
Data pubblicazione: 6 aprile 2021
Pagine: 240
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Siamo proprio sicuri che il Risorgimento fu privo di ombre e ricco solo di entusiasmo per la sospirata Unità d’Italia?

E per il sud fu davvero una fortuna o non fu piuttosto un’occupazione di terre e un accaparramento di denari che dalle casse borboniche finirono dritti nei forzieri piemontesi?

Sono alcuni degli interrogativi che ci presenta questo bel romanzo di Pietro De Sarlo ambientato a Monte Saraceno, una località immaginaria sull’Appennino Lucano dove vive Pietrino con la sua famiglia. Il bambino è il figlio del Notaro del paese, preoccupato dagli eventi che stanno caratterizzando il sud, a causa di “Garibaldo” (come è chiamato da quelle parti l’eroe dei Due Mondi) e dei piemontesi. Il cugino del Notaro, ‘u Barone, la personalità più in vista della cittadina sembrerebbe a favore del nuovo corso, che non è ben visto invece dai suoi compaesani. Lo zio di Pietrino, Nicola Maria, si è arruolato nell’esercito piemontese e la sua figura affascina il nipote che si vede già arruolato nell’esercito sabaudo.

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Tutti i personaggi maschili di questo romanzo sono a diverso titolo coinvolti in questa fase di transizione dal regno borbonico a quello sabaudo con tutte le conseguenze che ne derivano come il brigantaggio, violenze e massacri nei confronti della popolazione, falsi plebisciti.

I personaggi contribuiscono in modo corale all’avvicendarsi dei fatti, ai drammi personali, agli intrighi familiari, ai tradimenti e tutte queste vicende si inseriscono in un periodo storico ricco di cambiamenti per il Mezzogiorno che si vide ferito dai liberali che ne approfittarono per raggiungere quel potere e quelle ricchezze che li avrebbero resi di fatto la classe dominante italiana.

Rispetto agli uomini le donne protagoniste ne escono meglio, da Giulia, la governante del barone, una donna dal carattere di ferro, capace di tenere testa al suo padrone; a Mirna bella e fiera di se e del suo amore, alla madre ‘A  Masciara, il personaggio più bello del romanzo, una donna forte, attaccata alla sua terra che vuole difendere da quelli che vede come degli stranieri.

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Nel romanzo che da meridionale appassionata della sua terra non posso non apprezzare, un ruolo importante lo hanno l’uso del dialetto e del latino. In quest’ultimo caso qualche traduzione a fondo pagina sarebbe stata gradita, non conoscendolo bene. Non solo il latino era utilizzato dalle classi sociali più abbienti, ma è presente un lessico che rende i dialoghi più verosimili all’italiano utilizzato in quei tempi.

Gli eventi di fantasia si intrecciano con quelli realmente esistiti, creando un tessuto narrativo credibile, che è il pretesto per raccontare ciò che avvenne nel sud dopo l’unità nazionale.

Ritornando alle domande iniziali della recensione, credo che tutti coloro che amano la storia e che vogliono conoscere meglio i fatti, sappiano come l’annessione del sud non fu motivata da ideali patriottici come molta storia ufficiale ci ha fatto credere per anni, ma fu voluta fortemente per motivi economici, per rimpinguare le casse del regno piemontese che erano all’asciutto.

Nelle note finali l’autore spiega bene tutto questo avvalendosi del parere significativo di validi studiosi confermando che l’annessione del sud non fu altro che un’usurpazione dei diritti di uno stato sovrano.

Ognuno ne tragga le considerazioni che preferisce, io le mie le ho già tratte da molti anni.

Valeria

L’ultimo boia – Cinzia Tani

l'ultimo boia

Titolo: L’ultimo boia
Autrice: Cinzia Tani
Casa editrice: Vallecchi Firenze
Genere: Biografia romanzata
Data pubblicazione: 4 novembre 2021
Pagine: 310
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Ho avuto un’ambizione e l’ho perseguita, una forza mi ha convinto di essere stato mandato sulla Terra per svolgere questo lavoro come una missione e la stessa forza mi ha indicato quando smettere. Avevo un’ambizione, non l’ho più. Il desiderio è volato via. Io credo che nessuna delle centinaia di esecuzioni da me effettuate abbia mai agito da deterrente per un crimine. La pena capitale, a mio parere, non risolve nulla, soddisfa soltanto un desiderio primitivo di vendetta”.
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Queste parole sono state scritte da Albert Pierrepoint che fu il più famoso boia d’Europa. All’età di 11 anni scoprì per caso il lavoro segreto del padre e dello zio, un’attività che sia la madre e la zia di Albert sapevano, ma della quale non volevano conoscere alcun particolare. Dopo la morte del padre, lui e la madre si trovarono in ristrettezze economiche e Albert iniziò a svolgere dei lavori per aiutare la madre.
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Trovò lavoro in un negozio ed ebbe la prima idea di mandare una lettera alle istituzioni giudiziarie in cui chiedeva di poter svolgere l’attività di giustiziere. Non fu accettata e continuò a svolgere l’attività nel negozio dove era benvoluto dal proprietario. Intanto anche la sua vita proseguiva tra lavoro, famiglia e amicizie.
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Ricevette una seconda lettera in cui la sua candidatura a giustiziere venne accettata e così iniziò la sua carriera di boia. Nel corso degli anni venne chiamato a giustiziare persone non solo in Gran Bretagna, ma anche in vari paesi europei.
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In 25 anni di attività impiccò più di 500 persone, ma solo dopo aver giustiziato Ruth Ellis che uccise per gelosia il corridore automobilistico David Blakely, Pierrepoint iniziò a “vedere” la pena di morte in modo diverso e questa riflessione lo portò a dare le dimissioni dal suo ruolo divenendo un’abolizionista convinto.
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Ho iniziato questo romanzo un po’ titubante per il contenuto, avevo paura di leggere descrizioni particolareggiate delle esecuzioni e delle emozioni dei condannati, invece mi sono ricreduta subito perchè in questo romanzo non si indulge a una spettacolarizzazione della morte, ma si racconta semplicemente la vita di un uomo.
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L’autrice utilizza la prima persona, cosicchè è lo stesso Albert a raccontare la sua storia e lo fa in modo così chiaro che la narrazione si dipana con molta scorrevolezza. E’ stato piacevolissimo seguire Pierrepoint in alcuni dei casi in cui venne chiamato a giustiziare i colpevoli. Alcuni di questi casi tengono desta l’attenzione di chi legge come se fossero dei thriller. Come sempre la realtà supera la fantasia.
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Criminali di guerra, prostitute, serial killer, fu varia l’umanità che dovette giustiziare, in  particolare mi hanno colpita durante la lettura, la descrizione delle atrocità commesse dalle belve di Bergen-Belsen nei campi di concentramento tedeschi. Sono solo accennate le crudeltà commesse dai comandanti tedeschi, invece la narrazione si è soffermata su quelle perpetrate dalle donne e vi assicuro che non è stato facile leggere le descrizioni di questi atti disumani. Personalità disturbate, che provenivano da un tessuto sociale problematico che trovandosi in posizioni di potere credettero di agire secondo logiche di salvezza della razza.
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Anche nel caso dei serial killer ci troviamo di fronte a descrizioni di delitti non certamente delicati, quello che può essere interessante è comprendere i motivi che spinsero queste persone a diventare i mostri che furono.
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La narrazione risulta maggiormente efficace poichè l’autrice è riuscita a far conoscere il personaggio e a raccontarne la vita senza esprimere giudizi personali ed etici. Ha svolto molte ricerche leggendo biografie di Pierrepoint e del padre, oltre a numerosi casi criminali.
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Il tema centrale del romanzo è la pena di morte e quanto la si possa considerare valida come deterrente nei confronti del crimine. Concordo con il protagonista che la pena di morte non comporti una diminuzione degli omicidi. Sono convinta che chi commette un crimine, che sia premeditato o d’istinto non pensi alle conseguenze, credo che l’unico modo per combattere il male sia usare il linguaggio dell’amore e della comprensione dei motivi profondi che portano a queste estreme conseguenze.
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Si tratta di un tema delicato e complesso allo stesso tempo, sul quale in molti si sono espressi nel corso dei secoli, questo romanzo nel suo piccolo ha il merito di farci riflettere mentre ci racconta la vita di un uomo semplice.
A cura di Valeria
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Oltre il fiume – Federica Gaspari


OLTRE IL FIUME
Titolo: Oltre il fiume
Autrice: Federica Gaspari
Casa editrice: Nua Edizioni
Genere: Giallo
Data pubblicazione: 25 novembre 2021
Pagine: 267
Thriller e non solo, scorrevolissimo, letto sostanzialmente in due giorni il che la dice lunga sui punti forti dell’autrice ovvero fluidità e fruibilità.  Del resto la stessa Federica Gasperi in un’intervista ha tenuto a precisare come per lei nel 99% dei casi la prima stesura risulti poi esser quella definitiva.
E si vede, la sensazione di una scrittura spontanea, senza deviazioni, dritta all’obiettivo, permane per tutta la durata del romanzo.
Alcuni omicidi portano il criminologo Alan Giuliani a far ritorno nel suo paese d’origine, A sort of homecoming cantavano gli U2 ormai troppi anni fa per ricordare quanti fossero, e come ogni ritorno che si rispetti anche questo costringerà il protagonista a fare i conti col proprio passato, un passato di cui  peraltro non ama parlare.
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Cosa lega fra loro questi delitti apparentemente inspiegabili?
Di quali persone, anche fra quelle più vicine a lui, Giuliani potrà ragionevolmente fidarsi?
Quali segreti e quali verità da anni continua a portarsi dietro la montagna?
Si perché la montagna, con i suoi paesaggi un po’ ruvidi che molto spesso sembrano riflettere il carattere di chi li vive, è certamente la coprotagonista di Oltre il fiume.
Ed è presente a volte, quasi, defilata mentre in altre sembra come li li per esplodere, l’atavica contrapposizione che mette di fronte chi ama la montagna per diritto di nascita e chi invece la vive sporadicamente con la superficialità tipica di quelli che si avvicinano a qualcosa perché fa tendenza.
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Sulla trama mi fermo qui, per evidenti ragioni trattandosi di un thriller (e non solo), come detto ho apprezzato particolarmente la scorrevolezza della scrittura ed il protagonista presenta quel giusto mix di abilità nelle indagini, presenza scenica, e conflitti irrisolti che ormai sono imprescindibili nel genere.
Non so se l’autrice vorrà o meno sviluppare ulteriormente il personaggio di Alan Giuliani, immagino di sì, eventualmente sarà interessante seguirne le evoluzioni.
P.S.
Spiego la definizione “thriller e non solo”, chi si attende un romanzo di quelli dove la tensione viene sprigionata ad ettolitri forse vedrà le sue speranze disattese.
Qui siamo in presenza di un libro dove convivono diversi generi, senza fare a pugni fra loro,  perché (e si tratta della cosa più importante) è scritto bene…che uno certo, ne convengo, se lo aspetterebbe da ogni libro, ma credetemi non è cosi scontato.
Se al di là dei generi, oltre le etichette, apprezzate autori ed autrici che, senza nutrire ambizioni da Pulitzer, possano farvi trascorrere qualche ora di svago, magari rappresentando un piacevole diversivo al logorio della vita moderna, ecco date una chance a Federica Gasperi ed al suo gradevole Oltre il fiume.

La vera storia di Martia Basile – Maurizio Ponticello

 

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Titolo: La vera storia di Martia Basile
Autrice: Maurizio Ponticello
Casa editrice: Mondadori
Genere: Romanzo storico
Data pubblicazione: 7 luglio 2020
Pagine: 336
Autoconclusivo: si

Ambientato nel periodo del viceregno spagnolo caratterizzato da molte ombre e poche luci La vera storia di Martia Basile è un romanzo storico che si legge molto velocemente.

Le vicende si svolgono a Napoli, una città in cui la ribellione nei confronti degli spagnoli era dovuta al malgoverno che affamava la popolazione e dove le esecuzioni pubbliche erano uno spettacolo per lenire la miseria. Nel nome della Chiesa ci si accaniva torturando donne e uomini sospetti per estorcere false confessioni che li avrebbero portati al patibolo.

In questo clima vive Martia che all’età di 13 anni viene data in sposa a Muzio Gualtieri, un faccendiere, un uomo che vive di imbrogli e raggiri per guadagnare denaro, un violento, un lussurioso che non esita ad abusare di lei sin dalla prima notte di nozze e a riempirla di botte. Saranno queste una costante durante il matrimonio come quelle date per la nascita delle figlie, subito dopo il parto, poichè non  erano il maschio agognato, ma non saranno l’unica nefandezza.

A causa dei suoi intrallazzi, diventerà debitore di colui che governa Napoli e venderà la moglie a costui che la userà come merce a pagamento per gli uomini che desiderano possedere le sue grazie. Martia subisce queste violenze perpetrate al suo corpo e alla sua anima, ma riuscirà grazie alla sua intelligenza  a fuggire dal luogo in cui è rinchiusa e verrà aiutata da alcune donne a guarire dalle ferite fisiche e, soprattutto, dell’anima.-

Rinascerà a nuova vita, si innamorerà di un uomo, tradirà il marito, raggiungerà una maggiore consapevolezza di se stessa e delle sue capacità e deciderà che l’unico modo per essere finalmente libera e padrona di se stessa e della sua vita. sarà uccidere il marito. Il delitto verrà scoperto e lei finirà sul patibolo dopo aver subito durante la prigionia soprusi, angherie, violenze e torture.

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Ho letto il romanzo in pochi giorni e mi sono appassionata alle vicende di Martia che l’autore rispolvera dalla storia cantata da un tale Giovanni della Carretola, un poeta e cantastorie dell’epoca. Martia fu una donna intelligente e indomita, pur sperimentando la brutalità umana, non si diede mai per vinta, non si arrese al suo destino. Una figura moderna, una donna anticonformista, capace di risollevarsi dalle sue disgrazie grazie alla forza di volontà.

Quello che mi ha colpito in questo bel romanzo di Maurizio Ponticello è stata la scrittura, riuscire a riportare la lingua napoletana secentesca nella sua quasi totalità (solo alcune parole sono state modificate per renderle comprensibili al lettore moderno) rendendo più viva, vivida e reale la narrazione è un gran pregio. I dialoghi sono brillanti, riescono a dare forza e carattere alla narrazione.

Altrettanto interessanti sono le descrizioni di aspetti della vita dell’epoca che vengono raccontate in modo particolareggiato come nel caso dello sposalizio di Martia, oppure del Carnevale, ecc. L’autore si è documentato sul periodo storico intervallando le parti romanzate a quelle più propriamente storiche creando un mix perfetto.

Un’ultima considerazione sul ruolo delle donne che conoscevano i poteri delle erbe o delle pietre , anche in questo romanzo l’ignoranza e il dispotismo della Chiesa cattolica hanno condotto alla morte una donna, rea di aver ucciso il marito e “plagiata” da alcune “streghe” che con i loro poteri demoniaci hanno condotto Martia all’omicidio.

I pregiudizi, le maldicenze nei confronti di una donna, dei suoi comportamenti e della sua vita non sono cambiati nel corso dei secoli, tant’è vero che ancora combattiamo per veder riconosciuto il nostro diritto a vivere libere dai condizionamenti della società e da coloro che ci vogliono ai margini della storia.

Beati i poveri di spirito – Matteo Magnani

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Titolo: Beati i poveri di spirito
Autrice: Matteo Magnani
Casa editrice: PubMe (collana Io me lo leggo editore)
Genere: Romanzo storico
Data pubblicazione: 15 settembre 2020
Pagine: 174
Autoconclusivo: si

Ci troviamo nel Mantovano, il periodo storico è quello del regno Lombardo-Veneto, nello specifico siamo negli ultimi anni di vita di uno stato preteso (è lo stesso autore a spiegarlo dettagliatamente nel suo sito, io mi limito a sintetizzare) da Metternich come riparazione alle campagne napoleoniche in Italia.
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Abbiamo tre piccoli contadini che venuti in possesso di una borsa non trovano di meglio da fare che utilizzarla per burlarsi di un Commissario Distrettuale, quest’ultimo non la prende benissimo e grazie all’essersi trovato in compagnia di un suo sottoposto, decide di denunciare l’accaduto (nonostante lo scherzo sia estremamente innocente e non produca alcun effetto drammatico) temendo che questo possa comunque nuocergli.
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Uno dei tre contadinelli verrà assicurato alla giustizia ed in breve per una serie di apparentemente irripetibili concatenazioni di eventi quella che sembrava (ed era) una semplice goliardata si trasformerà in qualcosa di assai più serio (per sapere quanto più serio vi suggerisco di leggere il libro).
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Pur essendo la vicenda ambientata in un’epoca decisamente lontana da noi, e della quale presumo che molti come me abbiano solo qualche vaga reminescenza scolastica, vanno riconosciuti all’autore due indubbi meriti:
innanzitutto una conoscenza profonda della storia d’Italia del periodo, e poco importa se frutto di studio o, cosa eventualmente assai più affascinante, di racconti tramandati per generazioni.
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E poi una scrittura misurata, precisa, puntuale, mai sopra le righe, e sempre protesa ad agevolare la comprensione degli eventi da parte di chi legge, comprensione che non può mai essere scontata trattandosi peraltro di temi non di stretta attualità.
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Lettura più che consigliata a chi non sia privo del desiderio di regalarsi un incursione in un momento storico lontano, ma più vicino di quel che possiamo immaginare per ciò che concerne mentalità, comportamenti, debolezze umane e quant’altro.
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a cura di Massy

Giulia, una donna tra due papi – Silvia Lorusso

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Titolo: Giulia, una donna tra due papi
Autrice: Silvia Lorusso
Casa editrice: PubMe (collana Literary Romance)
Genere: Romance storico
Data pubblicazione: 27 settembre 2021
Pagine: 191
Autoconclusivo: si

Negli anni ho avuto modo di imbattermi spesso nella famiglia Borgia, nei sotterfugi che ne hanno caratterizzato l’ascesa, nelle manovre infime compiute per mantenerne l’assoluto potere.
Più imparavo a conoscerli e più cresceva l’interesse verso i Borgia e le persone che hanno fatto parte delle loro vite.
Mi sono fatta un’opinione su ciascuno di loro, considerazioni rimesse più di una volta in discussione dalla lettura delle loro storie da differenti prospettive.

Ma se ho potuto fare miei molti dettagli, seppur contrastanti, della vita di Rodrigo, di Cesare, di Lucrezia Borgia e di Alessandro Farnese, poco ho potuto conoscere invece di Giulia Farnese.
La sua figura è sempre stata presentata marginalmente, come se di lei poco o nulla importasse.
Madonna Giulia, la donna dalla bellezza disarmante a cui spettavano tutti i privilegi, i più pregiati gioielli, i migliori abiti avendo avuto la “fortuna” di esser stata scelta dall’uomo più importante al mondo: il Papa.

Ho amato molto questo libro, il modo rispettoso con cui l’autrice ha cercato di scavare nell’interiorità di Giulia dando voce ai suoi pensieri più intimi, e riportando l’attenzione su quanto le donne nei secoli siano state esclusivamente uno strumento nelle mani dei potenti.

“Comunque si mettano le cose, pensò, ho un’unica certezza, a noi donne non è permesso disporre della nostra vita, forse solo della nostra morte”.

Giulia, così come Lucrezia, così come Sancia (a cui appartengono le parole sopra citate, ma che potrebbero rispecchiare anche i pensieri delle altre), così come altre migliaia di donne, non ha mai avuto la possibilità di scegliere cosa fare della propria vita, chi divenire. Sfruttata più di una volta nei modi più miserabili dal fratello Alessandro per la scalata al potere, posseduta dal Papa e considerata sua proprietà assoluta nonostante fosse una moglie altrui e, poi, una madre, Giulia ha pagato nel peggiore dei modi il fardello della sua bellezza.

Ho provato molta tenerezza per l’amicizia instaurata da Giulia con la figlia del suo amante, Lucrezia Borgia: il modo in cui riuscivano a sostenersi nelle difficoltà e nelle ingiustizie facendosi forza a vicenda mi ha fortemente colpita e commossa, e tra i tanti passaggi che ho amato, non ho potuto fare a meno di annotarmi questo:

“Lucrezia, ricordate quanto vi sto per dire. Può accadere che il corpo di una donna debba accondiscendere, questo non significa necessariamente che la sua volontà e la sua anima siano piegate. Ciò che conta, ciò che è veramente importante, è quello che siamo riuscite a conservare dentro di noi: il nostro mondo, la nostra visione, il nostro pensiero. Sono tutte cose a cui nessuno può accedere, nessuno può sporcare, se noi non glielo permettiamo. In questo modo, credetemi, avremo dentro noi stesse tutto il bene e il valore di cui abbiamo bisogno. Pensate a un’ostrica che racchiude una perla, ecco, quella perla è ciò che è dentro il vostro cuore, nonostante gli altri, nonostante tutto.”

Ho provato molta rabbia per le ingiustizie che entrambe hanno dovuto subire nel corso degli anni.
Ho provato disgusto per le tante (benchè risapute) atrocità che gli uomini sanno compiere pur di sedere su un trono.
Ho provato un momentaneo sollievo quando Giulia aveva ritrovato la forza ed il coraggio per allontanarsi da Rodrigo rifugiandosi dal proprio marito.
Ho provato queste e tante altre emozioni perchè l’autrice è riuscita talmente bene a mettere a nudo Giulia scavando a fondo nel suo animo, da rendere immediata l’immedesimazione in lei.

Una storia coinvolgente, che aiuta a far comprendere ulteriormente quanto poco, in realtà, si conosca sulle donne della storia.
Il sacrificio delle loro libertà, delle loro volontà e delle loro stesse vite non è mai importato ad un mondo che si è sempre limitato a considerare degno di nota solo chi del potere imposto ad altri ne ha fatto il proprio vanto.

Jess

 

 

Jail Guard – Christie Lacetti

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Titolo: Jail Guard
Autrice: Christie Lacetti
Casa editrice: Maratta Edizioni
Genere: Noir
Data pubblicazione: 6 dicembre 2019
Pagine: 297
Autoconclusivo: no

Interessante esordio per una scrittrice italiana ma dal nome d’arte un po’ si evince la sua predilezione per il noir americano e quindi non sorprende la decisione di ambientare il libro oltreoceano.

Al centro dell’attenzione abbiamo un carcere minorile ( jail guard letteralmente significa guardia carceraria) dove si svolge buona parte della storia.
Il protagonista è Jonathan, un poliziotto onesto e di notevole spessore umano, un uomo che potremmo incontrare ogni giorno sulla nostra strada e che in modo forse semplicistico sarebbe possibile definire uno di noi.

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E i problemi di Jonathan sono quelli che chiunque potrebbe dover fronteggiare nella sua vita, dinamiche familiari complesse, rapporti con moglie e figli non sempre agevoli da gestire, necessità di cercare nuove fonti di entrate per garantirsi e garantire una vita più dignitosa.
L’occasione è un annuncio dove si ricercano guardie carcerarie per un istituto di pena minorile, Jonathan accetta il lavoro e questa scelta si rivelerà fondamentale nella sua vita, uno spartiacque dove dopo nulla sarà più lo stesso e per il poliziotto, pure avvezzo a situazioni difficili e con risvolti spesso drammatici, quest’esperienza finirà per diventare un viaggio nei territori più reconditi della crudeltà umana, uscirne vivi sarà difficile, restare se stessi impossibile.

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Pur trattandosi di un thriller o noir, ognuno poi leggendolo saprà cogliere le sfumature più adeguate, molto articolato e forse, data la presenza di molti personaggi importanti o che comunque si riveleranno tali nel corso della vicenda, di approccio non troppo immediato in alcune sue parti. Personalmente l’ho trovato interessante e in grado di destare la curiosità del lettore di genere ( chiaro che chi ama il romance potrebbe trovarsi spaesato).
Jonathan è un protagonista ottimamente definito e calibrato, adora in modo viscerale e preferenziale uno dei suoi due figli e questo potrebbe sembrare un limite ma in realtà gli dà forza rendendolo più umano e fallibile (non è scritto da nessuna parte che nella narrativa ci si debba appassionare solo per gli eroi senza macchia e senza paura).
Le paure di Jonathan sono continuamente presenti, anzi sembrano alimentare le pagine e ho trovato azzeccata questa gestione della narrazione.
In definitiva ribadirei buon esordio, raccomandabile agli amanti del noir crudo, a volte parecchio crudo, ricco di personaggi travagliati, molto americano aggiungerei, beh ecco se non siete esattamente insensibili a queste dinamiche di lettura magari dategli un’opportunità.

Massy

Cross the line – Lorella Diamante

Lorella-Diamante-Cross-the-line

Titolo: Cross the line
Autrice: Lorella Diamante
Casa editrice: Dri Editore
Genere: Sport Romance / MM
Data pubblicazione: 2 novembre 2021
Pagine: 495
Autoconclusivo: sì

Prezzo ebook: 2,99€
Prezzo cartaceo: 17,99€separatore di testo 4“Quando ti ho  incontrato, ho capito che eravamo due metà di un intero…se la nostra storia fosse finita come nel mio sogno”.

Ho aspettato questo romanzo con trepidazione. Non appena ho ricevuto la comunicazione dalla Casa editrice dell’imminente uscita ho dato subito la mia disponibilità alla lettura. Il precedente romanzo, One more chance, ambientato nell’ambito del football americano mi ha letteralmente conquistata. Mi sono innamorata follemente di Clay e della sua storia travagliata ed ho avuto modo di conoscere Brian Turner il protagonista di questo romanzo insieme al suo Jamie.

Andiamo per ordine. Brian e Jamie si incontrano per la prima volta in un bar dove il ragazzo sta festeggiando il suo compleanno. Jamie è un soldato del Navy Seal, ha 35 anni e immediatamente rimane folgorato dalla bellezza di Brian. Nel bagno del bar i due hanno un vivace tete a tete che farà comprendere a entrambi che sono di fronte a qualcuno capace di cambiare il proprio modo di vivere e di amare.

Immediatamente scatta la passione, Brian nonostante il fisico muscoloso e la prestanza fisica, è un ragazzo che sogna l’amore ed è alla ricerca di una relazione basata sui sentimenti. Jamie invece è provato dalle missioni a cui ha partecipato in passato, ha visto morite dei compagni e le esperienze fatte sul campo di battaglia hanno lasciato un’impronta indelebile nella sua mente tanto da procurargli dei problemi psicologici.

Anche lui come Brian si accorgerà presto che il loro rapporto si sta trasformando in una relazione importante, ma conoscendo la sua realtà cerca di allontanare Brian dalla sua vita. Quest’ultimo soffrirà moltissimo, ma il trasferimento come quaterback nei Chicago Bears lo porterà a intraprendere una carriera sportiva in grado quanto meno di impegnarlo mentalmente impedendogli di pensare a Jamie.

A questo punto mi fermo perchè la storia merita di essere letta più che raccontata.

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Il tema fondante di questo romanzo è l’omosessualità. La diversità, il non essere come la società vorrebbe porta a serie conseguenze. La mancata accettazione di ciò da parte di chi dovrebbe amare incondizionatamente i propri figli, dimostra quanto gli status symbol che caratterizzano la società e l’educazione ricevuta possano essere condizionanti.

Ancora una volta si comprende che l’amore è un sentimento che non guarda all’età, al sesso e alla condizione sociale. La passione, la sofferenza per il distacco, la solitudine sono elementi che caratterizzano le storie d’amore di qualsiasi genere siano.

Si sottolineano anche i problemi psicologici derivanti, dalla partecipazione ai conflitti o missioni belliche, molti di coloro che rientrano da queste esperienze devastanti portano con sè dei traumi che difficilmente riescono a superare.

Se volessi analizzare con dovizia di particolari ci sarebbe molto da dire su questo romanzo, aggiungo solo che mi sono perdutamente innamorata di Jamie e delle sue fragilità.

Una bella storia che mi ha emozionata, il mio cuore batteva forte quanto quello  dei protagonisti e mi ha regalato dei momenti di gioia immensa.

Valeria